Concorso Magistratura, Dike giuridica

Magistratura giudicante e requirente: le proposte di legge recanti modifiche all’articolo 87 e al titolo IV della parte II della Costituzione in materia di separazione delle carriere

avvocatura di stato

Magistratura giudicante e requirente, quale è la differenza: scopriamolo insieme

Il sistema giudiziario: giurisdizione costituzionale, ordinaria e speciale

Il sistema giudiziario è composto da una serie di organi statali incaricati di decidere le controversie legali. Tali organi costituiscono la giurisdizione costituzionale, ordinaria o speciale, a seconda dell’ambito di giudizio e dell’assetto organizzativo.

In particolare, la giurisdizione costituzionale è attribuita alla Corte Costituzionale che giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni, sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra Stato e Regioni e tra Regioni, sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica.

La Costituzione proibisce l’istituzione di giudici speciali, ad eccezione di quelli specificamente previsti dall’art. 103. Le giurisdizioni speciali previste dalla Costituzione italiana sono quella amministrativa (Consiglio di Stato e Tar), quella contabile (Corte dei conti) e quella militare (Tribunali militari). La giurisdizione amministrativa si occupa di controversie riguardanti interessi legittimi, giudicando la legittimità degli atti amministrativi. La giurisdizione contabile, invece, ha il compito di controllare la gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche e la responsabilità degli impiegati e funzionari pubblici. Infine, la giurisdizione militare in tempo di pace è competente per i reati commessi dagli appartenenti alle forze armate.

La giurisdizione ordinaria ha competenza generale a giudicare tutte le persone ed è composta dai magistrati ordinari.

La giurisdizione ordinaria e la garanzie costituzionali

La giurisdizione ordinaria è affidata ai magistrati ordinari, così chiamati in quanto regolati dalle norme dell’ordinamento giudiziario (art. 102 Cost.; artt. 1 e 4 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12). L’esercizio delle loro funzioni è sostenuto da particolari garanzie costituzionali, tra cui l’autonomia da ogni altro potere dello Stato, la sottoposizione alla sola legge, l’indipendenza interna ed esterna (dall’influenza di altri poteri o condizionamenti esterni), la previsione del giudice naturale precostituito per legge, l’inamovibilità. A tal fine, il Consiglio Superiore della Magistratura, un organo autonomo di rilevanza costituzionale, ha il compito di occuparsi delle carriere, dei trasferimenti, delle nomine, dei giudizi disciplinari dei magistrati e di ogni altro provvedimento riguardante il loro status. In particolare, l’autonomia attiene prevalentemente all’assetto organizzatorio della magistratura, che si traduce nella complessa articolazione e distribuzione dei giudici in ossequio alle norme dell’ordinamento giudiziario. Per indipendenza si intende invece la libertà dell’organo giurisdizionale di agire secondo il proprio giudizio, senza vincoli, né rapporti di subordinazione formale o sostanziale nei confronti di altri organi, poteri o soggetti .

La giurisdizione ordinaria: nel settore penale la differenziazione tra magistratura giudicante e magistratura requirente

Le due branche della giurisdizione ordinaria sono il civile e il penale. Nel primo caso, il giudice è chiamato a risolvere controversie relative alla tutela dei diritti o all’applicazione di una legge. Dette questioni possono riguardare ad esempio il diritto di proprietà, il diritto di famiglia, le obbligazioni e i contratti, i diritti della persona. Nel secondo caso, invece, il giudice deve decidere sulla violazione delle norme penali e sull’azione penale promossa dal pubblico ministero nei confronti di un soggetto che si presume abbia violato tali norme. Nel settore penale, ci sono funzioni giudicanti e requirenti: i primi (magistratura giudicante, quindi i giudici) assumono decisioni, mentre i secondi (magistratura requirente, quindi i pubblici ministeri) svolgono le indagini, esercitano l’azione penale o chiedono l’archiviazione, sostengono l’accusa in giudizio, e impugnano le sentenze nei successivi gradi di giudizio (sul tema Compendio di Diritto processuale penale, Dike Giuridica, 2023).

Le proposte di legge in materia di separazione delle carriere degli appartenenti alla magistratura giudicante e requirente.

In Commissione Affari Costituzionali della Camera è in corso la discussione sulle nuove proposte di legge relative alla separazione delle carriere di pubblici ministeri e giudici: il 22 febbraio scorso c’è stata l’audizione degli esperti.

La proposta è quella di abolire l’articolo 107, comma 3, della Costituzione Italiana, che prevede la distinzione dei magistrati soltanto per funzioni. L’ipotesi di separazione rigida delle carriere dei giudici e pubblici ministeri desta molta preoccupazione, perché secondo alcuni potrebbe minare la garanzia di indipendenza e portare a un allontanamento del pubblico ministero dalla cultura giuridica, trasformandolo in avvocato dell’accusa, potenzialmente incline ai desideri del potere politico.

Alla base di queste proposte di riforma c’è la convinzione che la magistratura giudicante sia, in sede processuale, troppo incline ad assecondare le richieste della magistratura requirente. La realtà dei fatti però dimostra l’erroneità di questa visione: il 48% circa dei giudizi di primo grado, infatti, si concludono con l’assoluzione e il 45% circa con la condanna degli imputati, mentre il resto dei processi ha esiti misti (fonte sito Associazione Nazionale Magistrati).

L’ipotesi di riforma, oltre alla separazione delle carriere, punterebbe anche all’istituzione di organi di autogoverno separati, non più caratterizzati dalla prevalenza numerica dei membri togati come richiesto dalla Costituzione per garantire l’equilibrio dei poteri e l’autonomia della Magistratura. I promotori della riforma ritengono infatti che la creazione di due Consigli Superiori della Magistratura distinti eviterebbe l’eccessivo potere in capo oggi ai pubblici ministeri. Anche questa posizione però non convince: i pubblici ministeri rappresentano solo il 25% dei membri dell’attuale CSM, mentre con la modifica proposta i PM diventerebbero la totalità dei membri togati del consiglio dedicato.

Secondo alcuni queste proposte mettono fortemente in discussione il modello italiano di pubblico ministero indipendente, proprio mentre a livello europeo si rafforzano invece i principi per garantire l’indipendenza e l’autonomia effettiva del pubblico ministero in tutti i sistemi giudiziari.

Da più parti c’è la convinzione che questa riforma vedrà la luce nel corso di questa legislatura. Sarà utile seguire con attenzione i prossimi lavori della Commissione Affari Costituzionali della Camera per monitorare l’evolversi del dibattito in corso tra i favorevoli e i contrari.