Dike giuridica, Istituti e sentenze commentate

Il Responsabile Unico del Procedimento amministrativo*

1.   La finalità dell’introduzione della figura del Responsabile Unico del Procedimento amministrativo nel nostro ordinamento

La figura del responsabile Unico del procedimento amministrativo è stata introdotta nel nostro ordinamento, con la L. 241/1990, per migliorare il buon andamento delle pubbliche amministrazioni italiane, a mezzo della “personificazionedell’attività amministrativa.

Difatti, la specifica individuazione, a monte, di una persona fisica gestore e “garante” del singolo procedimento, in luogo dell’anonimato nella gestione della “macchina amministrativa”, ha reso più trasparente, verificabile ed efficiente l’operato della pubblica amministrazione, già sol perché, in tal modo, veniva garantita l’effettiva individuazione dei responsabili.

La L. 241/1990 ha, quindi, progressivamente implementato (anche a mezzo delle sue successive modifiche e integrazioni) l’efficacia, l’efficienza e la trasparenza dei processi decisionali amministrativi, garantendo una maggiore fiducia del cittadino nell’operato delle pubbliche amministrazioni e attuando così anche i canoni costituzionali di buon andamento dell’amministrazione e di responsabilità dei suoi agenti (cfr. artt. 97 e 28 Cost. [1]).

Così, in definitiva, il cittadino non ha più a che fare con un’organizzazione anonima e “sovraordinata”, ma con una persona fisica – rappresentante della controparte pubblica – ben individuata, che gestisce le sue “istanze” e, almeno in linea di principio, risponde del suo operato [2].

2.   L’individuazione, a monte, dell’unità organizzativa responsabile di una data tipologia di procedimento e, a valle, della persona fisica Responsabile Unico del singolo Procedimento amministrativo all’interno della medesima unità

Per garantire le suindicate finalità, la L. 241/1990, all’art. 4, prevede che le pubbliche amministrazioni – prima dell’individuazione della persona fisica responsabile di un singolo, specifico, procedimento amministrativo – siano tenute a determinare, preliminarmente, per ciascuna tipologia di procedimento che riguarda atti di loro competenza, l’unità organizzativa (ossia la struttura dell’ufficio) responsabile (in generale) di quel dato tipo di procedimento e a rendere pubblica tale indicazione (nelle modalità previste dal proprio ordinamento) [3].

Ciò, specifica sempre il cit. art. 4, là dove tale determinazione non sia già stabilita direttamente per legge o per regolamento.

L’unità organizzativa così individuata, in particolare, è responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale (cfr. sempre il cit. art. 4 della L. 241/1990).

Una volta individuata l’unità organizzativa (responsabile, in via generale, di una data tipologia di procedimento) è, poi, il dirigente di quell’unità, come specifica il successivo art. 5 della L. 241/1990, a nominare la persona fisica in concreto responsabile del singolo procedimento, potendo scegliere il dirigente di nominare sé stesso o altro dipendente addetto all’unità [4]. Ad ogni modo, precisa il comma 2 del cit. art. 5, fino a quando non sia effettuata l’assegnazione da parte del dirigente è comunque considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa che viene interessata dal procedimento.

Una volta individuato il responsabile del procedimento amministrativo persona fisica, poi, egli ha la responsabilità dell’istruttoria e di ogni altro adempimento inerente al singolo procedimento, nonché, eventualmente, ove ne abbia la competenza, dell’adozione del provvedimento finale (cfr. art. 5, comma 1, della L. 241/1990) [5].

Alla luce della conformazione del dettato normativo, appena riportato, si deve ritenere che nei procedimenti caratterizzati dall’intervento di più amministrazioni, ciascuna di esse debba nominare un proprio responsabile, che gestirà la fase procedimentale di sua competenza; nel caso, invece, di più uffici appartenenti alla medesima amministrazione che “entrano in gioco” nel singolo procedimento, vi sarà un solo responsabile della medesima amministrazione [6].

3.   Il ruolo, le funzioni e le singole competenze del Responsabile Unico del Procedimento amministrativo

I singoli compiti del responsabile del procedimento persona fisica sono delineati – in via esemplificativa – dall’art. 6 della L. 241/1990.

Egli, nello specifico, a fini istruttori:

•  valuta le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione e i presupposti rilevanti per l’emanazione di provvedimento;

•  accerta d’ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti a ciò necessari;

•  adotta ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria (in particolare – come specifica la norma – può chiedere il rilascio di dichiarazioni, la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete, può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni e può ordinare esibizioni documentali);

•  propone l’indizione o, avendone la competenza, indice la conferenza di servizi di cui all’art. 14 della medesima L. 241/1990;

•  cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti.

Per quanto riguarda i poteri decisori, poi, il cit. art. 6, comma 1, alla lett. e), specifica che il responsabile adotta il provvedimento finale solamente se ne ha la competenza; altrimenti, trasmette gli atti all’organo competente per la relativa adozione. In tale ultimo caso – specifica sempre la stessa lett. e) cit. – l’organo competente per l’adozione del provvedimento finale non potrà discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale.

Come detto, l’elencazione contenuta all’art. 6 della L. 241/1990 sulle competenze del Responsabile Unico del Procedimento amministrativo non è tassativa.

In primo luogo, infatti, grava sul responsabile del procedimento il generale dovere di compiere ogni atto o comportamento funzionale al buon esercizio dell’azione amministrativa, con il solo limite dell’aggravio del procedimento amministrativo (cfr. art. 1, comma 2, della L. 241/1990).

In secondo luogo, poi, ulteriori competenze e prerogative del responsabile del procedimento vengono messe in rilievo nei successivi artt. della stessa L. 241/1990 [7].

Da ultimo, rilevano anche le norme relative a determinati settori dell’attività amministrativa, che aggiungono e delineano ulteriormente le specifiche competenze del responsabile del procedimento amministrativo (per quanto qui rileva, si analizzeranno nel presente scritto quelle proprie del “RUP” dei contratti pubblici).

L’ultima norma che viene in rilievo, tra quelle generali sul responsabile del procedimento amministrativo contenute nella L. 241/1990, è l’art. 6bis, che impone al responsabile del procedimento (e ai titolari degli uffici competenti ad adottare pareri, valutazioni tecniche, atti endoprocedimentali e il provvedimento finale) di astenersi in caso di conflitto di interessi e di segnalare ogni situazione di conflitto, anche potenziale. Ciò, sempre nell’ottica del buon andamento della pubblica amministrazione e per la garanzia del corretto operato della pubblica amministrazione nei confronti del cittadino.

Nel complesso, le disposizioni della L. 241/1990 sull’istituzione del responsabile del procedimento hanno determinato una forte attenuazione del principio di gerarchia: al dirigente dell’unità organizzativa, difatti, spetta unicamente il compito di operare la scelta sul soggetto responsabile del procedimento, su cui poi ricadrà interamente la concreta gestione e le connesse responsabilità del procedimento; per tale ragione, gli ordini dei superiori rivolti al responsabile del procedimento degraderanno a meri consigli, non vincolanti e disattendibili. Comunque, in capo al dirigente delle pubbliche amministrazioni permane pur sempre il dovere di vigilanza, di coordinamento e di controllo sull’operato dei funzionari dipendenti (e, dunque, anche del responsabile del procedimento) e la possibilità di sostituirli in caso di inerzia (cfr. art. 16, comma 1, lett. e) e art. 17, lett. d) e del D.Lgs. 165/2001 [8]).

Questa, in linea essenziale, la norma generale sul responsabile del procedimento per come configurata dalla L. 241/1990: su tali previsioni poi, come si diceva, si innestano quelle particolari dei singoli procedimenti amministrativi, a seconda del settore di attività amministrativa di interesse.

Per quanto specificamente attiene alla contrattualistica pubblica, in particolare, su tale disciplina generale del responsabile del procedimento si è innestata, prima, quella dell’art. 7 della L. 109/1994 (“legge quadro in materia di lavori pubblici”) e degli artt. 7 e 8 del relativo regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 554/1999; normativa poi sostituita dall’art. 10 del codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006 e dagli artt. 9 e 10 (per i lavori) e 272-274 (per i servizi e le forniture) del corrispondente regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 207/2010; quest’ultima, a sua volta, è stata successivamente soppiantata dall’art. 31 del D.Lgs. 50/2016 e dalle relative disposizioni di attuazione contenute nelle linee guida n. 3 di ANAC [9].

Oggi, con il codice di cui al D.Lgs. 36/2023 [10], all’esito di tale stratificazione normativa, la disciplina sul responsabile del procedimento nel settore della contrattualistica pubblica è specificamente contenuta all’art. 15 del cit. D.Lgs. e nel relativo all. I.2; le singole competenze del RUP, poi, vengono in concreto delineate in tutte quante le norme che compongono l’ordito codicistico, giacché quella del RUP è una figura trasversale che viene in rilievo nella miriade di procedimenti amministrativi che compongono le singole fasi del ciclo di vita del contratto pubblico (dalla programmazione, alla progettazione, all’affidamento e, infine, all’esecuzione del contratto, che termina con l’atto finale di accettazione formale dell’intervento).

Sotto tale profilo, la novità di fondo del nuovo codice è stata quella di affrancare definitivamente il Responsabile Unico del Procedimento amministrativo dei contratti pubblici dal suo omonimo della L. 241/1990, che ha invece competenze ben più limitate e pervasive.

Infatti, il RUP dei contratti – come si evinceva, a bene vedere, già dall’assetto normativo previgente (sopra riportato) – non può essere ricondotto a responsabile di un singolo procedimento amministrativo, come l’omonimo della L. 241/1990, ma, a rigore, è responsabile di un intero “progetto” (inteso come “intervento”) pubblico, articolato in una serie di fasi, che, a loro volta, sono composte, al loro interno, da tanti procedimenti amministrativi autonomi e distinti.

Per cui l’improprio rimando alla L. 241/1990 nei testi previgenti oggi scompare e anzi viene espressamente chiarita tale “riconfigurazione” – concettuale e sistematica – del RUP, che non è una species del genus di quello della L. 241/1990, ma è un genus a sé stante.

Dunque, il pregio della nuova codificazione è stato quello di ridefinire competenze e prerogative del RUP – non tanto innovando sul piano sostanziale, attribuendogli competenze del tutto nuove e diverse, ma – sul piano assiologico e dogmatico, rimarcando il suo ruolo nel campo delle commesse pubbliche e ben distinguendolo da quello ex L. 241/1990, che, in definitiva, ivi non opera.


[1] A norma dell’art. 97 Cost. «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.

I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.

Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».

Mentre, a norma dell’art. 28 Cost. «I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici».

[2] Sulla ricostruzione del responsabile unico del procedimento amministrativo ex L. 241/1990, si veda F. Caringella, Manuale di Diritto Amministrativo Parte Generale e Parte Speciale, XV edizione, 2022, p. 1146.

[3] Come chiarito dal Consiglio di Stato (v. Ad. Gen., parere del 21 novembre 1991, n. 141), gli atti con cui le amministrazioni provvedono alla identificazione delle unità organizzative responsabili dell’iter procedimentale delle diverse tipologie di atti di loro competenza hanno carattere sostanzialmente normativo e, pertanto, devono essere adottati con regolamento.

[4] La nomina da parte del dirigente potrà avvenire tanto sulla base di criteri predeterminati e, quindi, essere automatica, tanto sulla base di un atto puntuale di individuazione concreta (caso per caso).

[5] È importante specificare, come sottolineato in dottrina (v. F. Caringella, opera cit. alla nota n. (2), p. 1149), che la designazione a responsabile del singolo procedimento, comunque, non comporta il trasferimento di funzioni amministrative e non crea nuove competenze, trattandosi solo di un nuovo modo di organizzare e svolgere mansioni ordinariamente attribuite al soggetto investito della funzione: in concreto, quindi, i compiti propri del responsabile del procedimento ex L. 241/1990 si conformeranno diversamente in base alla qualifica da egli in concreto posseduta e il singolo nominato non rivestirà una posizione sovraordinata rispetto agli altri dipendenti (pur potendo – in virtù dei compiti e, soprattutto, delle responsabilità connesse al suo incarico – esercitare su di loro un potere di impulso).

[6] Lettura suffragata anche dalla previsione contenuta all’art. 2, comma 1, lett. d), del D.Lgs. 165/2001 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”), secondo cui: «1. Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive. Esse ispirano la loro organizzazione ai seguenti criteri: […];

d)  garanzia dell’imparzialità e della trasparenza dell’azione amministrativa, anche attraverso l’istituzione di apposite strutture per l’informazione ai cittadini e attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilità complessiva dello stesso».

[7] Ad esempio, per quel che concerne la conduzione del procedimento amministrativo e la relativa partecipazione, vengono in rilievo le norme del Capo III, ossia gli artt. 7 e 8 sulla comunicazione di avvio del procedimento, gli artt. 9 e 10 sulla partecipazione degli interessati al procedimento, la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di cui all’art. 10bis, la procedura per la conclusione di accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento di cui all’art. 11, il rispetto delle previsioni di cui all’art. 12 in caso di provvedimenti attributivi di vantaggi economici.

Per quanto propriamente attiene, poi, ai meccanismi di semplificazione dell’azione amministrativa rilevano le disposizioni del Capo IV, ossia gli artt. da 14 a 14quinquies sull’istituto della conferenza dei servizi, gli accordi tra le pubbliche amministrazioni e l’acquisizione dei pareri e delle valutazioni tecniche di cui agli artt. 15-17bis, i meccanismi dell’autocertificazione e della ricevuta di presentazione di istanze, segnalazioni o comunicazioni di cui, rispettivamente, agli artt. 18 e 18bis, il meccanismo della segnalazione certificata di inizio attività – SCIA – di cui agli artt. 19 e 19bis e del silenzio assenso ex art. 20, con il relativo regime sanzionatorio di cui all’art. 21.

Ancora, per la disciplina dell’efficacia e invalidità del provvedimento amministrativo occorre far riferimento alle norme del capo IVbis, artt. 21bis-21decies.

Da ultimo, per quanto propriamente attiene all’accesso agli atti, rilevano le norme del Capo V, artt. 22-28. Sul punto, si veda anche la disciplina contenuta del D.P.R. 184/2006 (“Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi”) e, per quanto riguarda specificamente la materia dell’acceso ai documenti amministrativi nell’ambito dei contratti pubblici, la disciplina (speciale e specifica) contenuta agli artt. 35 e 36 del D.Lgs. 36/2023.

[8] Il cit. D.Lgs. 165/2001 (T.U. del pubblico impiego), all’art. 16 (“Funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali”) così statuisce: «1. I dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati, nell’ambito di quanto stabilito dall’articolo 4 esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri: […];

e) dirigono, coordinano e controllano l’attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia, e propongono l’adozione, nei confronti dei dirigenti, delle misure previste dall’articolo 21».

L’art. 17 (“Funzioni dei dirigenti”), parimenti, prevede che: «1. I dirigenti, nell’ambito di quanto stabilito dall’articolo 4 esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri: […];

d)  dirigono, coordinano e controllano l’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia».

[9] La L. 109/1994 (“Legge quadro in materia di lavori pubblici”) è stato poi abrogata dall’art. 256 del D.Lgs. 163/2006, con decorrenza dal 1° luglio 2006, ai sensi di quanto disposto dall’art. 257 del medesimo decreto.

A sua volta, il D.Lgs. 163/2006 è stato abrogato dall’art. 217, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 50/2016, con decorrenza dal 19 aprile 2016. Il relativo regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 207/2010, invece, in virtù di un complesso regime normativo delineato dallo stesso del D.Lgs. 50/2016 (cfr. relativo art. 216), è rimasto parzialmente efficace per tutto l’arco temporale di vigenza del D.Lgs. 50/2016.

[10] Che ha abrogato il D.Lgs. 50/2016 (cfr. art. 226, comma 1, del D.Lgs. 36/2023), con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023 (come stabilito dall’art. 229, comma 2). Per le disposizioni transitorie, in particolare, si veda l’art. 225 del medesimo D.Lgs. 36/2023.

[…]

*Contributo estratto da “Manuale del responsabile unico di progetto (RUP)” di D. Angelucci, A. Sgrulletta – Dike giuridica editrice – Ottobre 2024