Dike giuridica, Istituti e sentenze commentate

Il regime di separazione dei beni*

Alternativamente al regime di comunione legale dei beni, i coniugi possono adottare il regime patrimoniale di separazione, stipulando una convenzione che abbia la forma richiesta per le convenzioni matrimoniali o anche dichiarando la scelta nell’atto di celebrazione del matrimonio, con conseguente annotazione a margine dell’atto stesso.

Nella separazione legale dei beni ciascuno dei coniugi conserva la titolarità esclusiva non solo dei beni acquistati antecedentemente al matrimonio, ma anche di quelli conseguiti successivamente (art. 215 c.c.). La disciplina normativa della separazione dei beni è piuttosto scarna; essa si limita a disporre in merito alla prova della titolarità dei beni, nonché al profilo dell’amministrazione e del godimento del patrimonio di uno dei coniugi, da parte dell’altro.

Il regime della separazione dei beni: Amministrazione e godimento

Se è vero, infatti, che al coniuge proprietario dei beni spettano in via esclusiva il godimento e l’amministrazione degli stessi (art. 217, comma 1, c.c.), la legge regola quel fenomeno, piuttosto frequente, in cui uno dei due coniugi amministri in tutto o in parte i beni dell’altro.

In particolare ad uno dei coniugi può essere conferita la procura ad amministrare i beni dell’altro con o senza l’obbligo di rendere conto dei frutti. Nel primo caso, egli è tenuto verso l’altro coniuge secondo le regole del mandato (art. 217, comma 2, c.c.). Nel caso in cui, invece, il coniuge investito di procura venga esonerato dall’obbligo di rendere conto dei frutti, quest’ultimo ed i suoi eredi, a richiesta dell’altro coniuge o al verificarsi dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, sono tenuti a consegnare i frutti esistenti, ma non rispondono per quelli consumati (art. 217, comma 3, c.c.).

Se l’amministrazione è avvenuta in contrasto con la volontà del titolare dei beni o a sua insaputa e non sussistono i presupposti perché si applichi la disciplina della gestione di affari altrui, il coniuge che vi ha provveduto risponde dei danni prodotti e dei frutti non percepiti (art. 217, comma 4, c.c.).

Indipendentemente dal fatto che ciò sia avvenuto con o senza il consenso del titolare, il coniuge che gode dei beni dell’altro è soggetto alle obbligazioni dell’usufruttuario (art. 218 c.c.): ciò significa, ad es., che non può mutare la destinazione economica dei beni, che ha diritto ai rimborsi per i miglioramenti effettuati ecc.

Il regime della separazione dei beni: Prova della titolarità dei beni

Nel regime di separazione legale, possono crearsi problemi di prova, nel caso in cui sorgano controversie sulla titolarità dei beni. L’art. 219, comma 1, c.c. riconosce al coniuge la facoltà di provare con ogni mezzo nei confronti dell’altro la proprietà esclusiva di un bene. Se nessuna prova può essere fornita, il comma 2 stabilisce che i beni si considerano di proprietà indivisa, per pari quota, di entrambi i coniugi. Questa disciplina concerne essenzialmente le controversie relative a beni mobili ed è volta principalmente a derogare, attraverso la presunzione di contitolarità posta dal comma 2, alla regola generale sull’onere della prova in tema di rivendicazione. Essa, invece, non comporta nessuna deroga alla normale disciplina della prova dei contratti formali e in particolare degli acquisti immobiliari (art. 2725 c.c.).

*Contributo estratto dal Manuale Maior di Diritto civile di Francesco Caringella e Luca Buffoni – Dike Giuridica 2023