La compravendita di partecipazioni societarie può integrare una simulazione oggettiva parziale di un accordo tra coniugi, volto a definire anticipatamente i loro rapporti patrimoniali?
Gli accordi con i quali i coniugi fissano preventivamente il regime giuridico-patrimoniale in vista della futura separazione o del futuro divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, espresso dall’art. 160 c.c. (La Suprema Corte, nella fattispecie in esame, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, rilevando come i Giudici di merito non avevano offerto alcun concreto elemento contezza da cui desumere il raccordo tra la paventata violazione dei doveri inderogabili in materia materiale e l’integrazione di un’ipotesi di simulazione oggettiva parziale a seguito di un contratto di cessione di partecipazioni sociali). – Cass., sez. II, 24 novembre 2023, n. 32724.
Nell’ordinanza in commento, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi in ordine alla validità del contratto di compravendita di partecipazioni societarie.
Si assumeva, infatti, che il corrispettivo della cessione rappresentava quanto dovuto dall’ex marito, per una definizione anticipata dei rapporti patrimoniali tra i coniugi separandi e non il contenuto dei loro rapporti societari.
Nel primo e secondo grado di giudizio veniva dichiarata la nullità del contratto di cessione di quote di s.r.l. e di azioni, per illiceità della causa, sull’assunto che il contratto di cessione delle partecipazioni societarie concluso tra le parti integrava una simulazione oggettiva parziale. Secondo i giudici di merito, il corrispettivo della vendita di azioni e delle quote rappresentava quanto dovuto dal marito, in riferimento alle condizioni di mantenimento e dell’assegno divorzile, in vista della definizione del contenuto tipico dei rapporti patrimoniali tra coniugi separandi.
L’atto di cessione, dunque, veniva dichiarato nullo per violazione dell’art. 160 c.c., in quanto volto a definire anzitempo i rapporti patrimoniali tra i coniugi.
Viene, quindi, proposto ricorso per cassazione, contestando la nullità del contratto di compravendita rilevata dai giudici di merito.
In particolare, la ricorrente denunciava la falsa applicazione dell’art. 1414 c.c. e obiettava che le somme concordate come corrispettivo della cessione rientravano nell’ambito di normali operazioni imprenditoriali.
La Corte di cassazione, accogliendo il ricorso, ha ricordato che la simulazione individua un’ipotesi di dissociazione concordata tra volontà e dichiarazione. Il nucleo centrale dell’istituto è rappresentato dalla controdichiarazione, quale elemento di collegamento tra la situazione apparente e la situazione reale e consente di stabilire quale sia l’intento pratico perseguito dalle parti (Cass., sez. III, 19 ottobre 2007, n. 21995).
In ordine al contenuto dell’accordo simulatorio si distingue tra simulazione assoluta e simulazione relativa. La prima postula che i soggetti pattuiscano che il negozio apparentemente posto in essere, non li vincoli e sia privo di qualsiasi funzione; la seconda presuppone che il negozio concluso serva ad occultare un diverso ed effettivo impegno negoziale. In tale caso, l’operazione è più complessa in quanto mira a creare, oltre all’apparenza, la sostanza di un negozio diverso, che si preferisce mantenere occulto innanzi ai terzi (Cass., sez. II, 19 dicembre 2019, n. 32024).
La simulazione relativa è disciplinata dal secondo comma dell’art. 1414 c.c. e, a sua volta, può distinguersi in “simulazione soggettiva” e “simulazione oggettiva”. La simulazione è oggettiva quando riguarda le modalità o l’oggetto del negozio simulato, al quale si aggiunge quello “dissimulato”; è, al contrario, soggettiva la simulazione che intende occultare la persona che deve concludere il contratto per cui si può, altresì, parlare di “interposizione fittizia di persona”.
A fronte di siffatta ricostruzione dell’istituto in parola, la Corte non ravvisa alcuna evidenza di fatto idonea ad avvalorare la qualificazione dell’operazione negoziale, realizzata tra le parti, in termini di simulazione.
I giudici d’appello hanno fondato il proprio convincimento sull’orientamento, ormai consolidato, a mente del quale «gli accordi con i quali i coniugi fissano preventivamente il regime giuridico patrimoniale in vista della futura separazione o divorzio sono invalidi, per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, espresso dall’art. 160 c.c.» (così Cass., sez. VI, 28 giugno 2022, n. 20745; Cass. civ. sez. I, 30 gennaio 2017, n. 2224).
Tuttavia, nel caso di specie, non sono stati individuati elementi di raccordo tra la presunta violazione dei doveri inderogabili e l’integrazione di un’ipotesi di simulazione oggettiva parziale. Infatti, non è stato precisato se la cessione delle partecipazioni societarie sia effettivamente avvenuta nella sua interezza o solo in parte né in che misura il trasferimento delle quote abbia inciso sulla realizzazione dell’ulteriore finalità negoziale.
A fronte delle suesposte carenze motivazionali, i giudici di legittimità hanno escluso che la fattispecie de quo sia inquadrabile nell’ambito della simulazione ex art. 1414 c.c. e, nell’accogliere il ricorso, hanno cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello, in diversa composizione, affinché il giudice di merito addivenga ad una diversa valutazione giuridica dei fatti.
*Contributo estratto da Obiettivo Magistrato n. 70 / Gennaio 2024 (Caterina Angelino e Maria Miceli) – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica