Le azioni di cognizione nel processo amministrativo – Il Codice del Processo Amministrativo, che ha positivizzato per la prima volta nello scenario normativo della giustizia amministrativa una disciplina sistematica delle azioni esperibili e delle pronunce giudiziali, costituisce il punto d’arrivo di un’evoluzione che ha preso avvio nell’ultimo quindicennio e che tende verso l’effettività della tutela del cittadino nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Si è gradualmente abbandonato il vecchio modello di processo, ancorato ai tradizionali schemi del giudizio impugnatorio e dell’azione di annullamento, per approdare ad un nuovo modello, aperto ad una più ampia gamma di azioni[1].
In tale direzione si erano, in realtà, già mosse la dottrina e la giurisprudenza più sensibili, che avevano affrontato lo studio delle azioni esperibili nel processo amministrativo, tentando di ricondurre ad unità e sistema le norme contenute nelle leggi sulla giustizia amministrativa[2].
Occorre precisare, tuttavia, che la costruzione della disciplina delle azioni ha avuto, nel corso dell’elaborazione del Codice del Processo Amministrativo, un iter piuttosto travagliato.
Le azioni di cognizione nel processo amministrativo – La Commissione incaricata della redazione del Codice, in un primo momento, aveva predisposto un testo fortemente innovativo, che superava la tradizionale concezione del processo amministrativo come mero giudizio di annullamento e traduceva, in termini concreti, l’ormai riconosciuta natura di posizione giuridica di diritto sostanziale dell’interesse legittimo ed il principio costituzionale di pienezza ed effettività della relativa tutela[3]. Tuttavia, la disciplina completa delle azioni contenuta nel testo elaborato dalla Commissione è stata successivamente “amputata” e riadattata in sede governativa, con conseguente elisione di alcune delle disposizioni più innovative[4].
Sembra, quindi, opportuno ripercorrere le tappe che hanno condotto all’attuale formulazione del Codice.
Le azioni di cognizione nel processo amministrativo – La delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, di cui all’art. 44 della L. 18 giugno 2009, n. 69, investiva il legislatore delegato del compito di tracciare la sistematica delle azioni e dei provvedimenti del giudice. In particolare, prefigurava una disciplina delle azioni improntata al principio della completezza dei mezzi di tutela e della strumentalità delle azioni rispetto ai bisogni di tutela correlati alle situazioni giuridiche sostanziali, indicando, tra i vari principi e criteri direttivi quello di “assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo” (art. 44, comma 2, lett. a)) e di “disciplinare le azioni e le funzioni del giudice prevedendo le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa” (art. 44, comma 2, lett. b), n. 4).
Le azioni di cognizione nel processo amministrativo – Sfruttando appieno le potenzialità della legge di delega, la Commissione insediata presso il Consiglio di Stato aveva redatto un testo coerente con la tradizionale tripartizione delle azioni di cognizione (costitutive, di accertamento e di condanna), sebbene attento alle specificità del giudizio amministrativo.
L’articolato prevedeva, nel Capo II (“Azioni”) del Titolo III (“Azioni e domande”): l’azione di accertamento dell’esistenza o inesistenza di un rapporto giuridico contestato e di accertamento della nullità di un provvedimento (art. 36); l’azione avverso il silenzio (art. 37); l’azione di annullamento (art. 38); l’azione di condanna al pagamento di una somma di danaro o all’adozione di ogni altra misura idonea a tutelare la posizione giuridica soggettiva (art. 39); l’azione di adempimento (art. 40); le azioni esecutive, con una disposizione di rinvio alle disposizioni più specifiche contenute nel Codice (art. 41); l’azione cautelare, con una disposizione di principio sviluppata nel Titolo dedicato al procedimento cautelare (art. 42).
Il testo trasmesso al Governo, come anticipato, è stato oggetto di un’incisiva riscrittura, che ha portato alla soppressione dell’azione di adempimento (che costituiva indubbiamente una delle disposizioni più innovative del Codice) e dell’azione di accertamento (al di fuori dai casi tipici dell’accertamento del silenzio e della nullità, oggi confluiti nell’art. 31 c.p.a.). Sono stati, inoltre, eliminati i due articoli relativi alle azioni esecutive e cautelare, che sono oggi disciplinate in modo autonomo e separato.
Il testo definitivo del Codice del Processo Amministrativo è stato così approvato con D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104[5].
Dopo un primo intervento correttivo operato con D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195, il Governo, con il D.Lgs. 14 settembre 2012, n. 160, ha approvato il testo del secondo “correttivo” al Codice[6]. Tra le principali novità introdotte dal secondo correttivo vi è indubbiamente l’esplicita previsione dell’azione di condanna al rilascio del provvedimento amministrativo richiesto (c.d. azione di adempimento pubblicistico), di cui all’art. 34, comma 1, lett. c), c.p.a.
Le azioni di cognizione nel processo amministrativo – Sempre in materia di azioni, era stata, inoltre, proposta l’introduzione, prima dell’art. 29, di un nuovo art. 28bis, che sotto la rubrica “Tipi di azioni”, sanciva che “nell’ambito della giurisdizione amministrativa le parti possono proporre le azioni costitutive, dichiarative e di condanna idonee a soddisfare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio”. Tale norma apriva, dunque, le porte all’affermazione del principio di atipicità delle azioni nel processo amministrativo (analogamente a quanto è previsto per il processo civile); tuttavia, in sede di approvazione il Governo ha optato per il non inserimento di tale disposizione[7].
Nonostante l’atteggiamento prudente sopra descritto del Governo, l’entrata in vigore del Codice ha sicuramente rappresentato una svolta nel modo di concepire la giustizia amministrativa, all’interno di un sistema in cui l’azione di annullamento resta, ancora oggi, la protagonista, ma ad essa fanno da contorno tutte le azioni necessarie per rendere completa ed effettiva la tutela richiesta dal cittadino nei confronti della Pubblica Amministrazione[8].
Attualmente, la disciplina delle azioni di cognizione contempla, accanto alla tradizionale azione di annullamento (art. 29), l’azione di condanna, comprensiva dell’azione risarcitoria e dell’azione di condanna ad un facere (artt. 30 e 34 c.p.a.), l’azione avverso il silenzio e l’azione di accertamento della nullità (entrambe previste all’art. 31). Chiude la disciplina del Capo II l’art. 32, dedicato alla possibilità di cumulare più domande nello stesso giudizio ed alla conversione delle azioni.
La normativa in esame, inoltre, deve essere integrata con le disposizioni concernenti le pronunce adottabili dal Giudice amministrativo e, in particolare, con l’art. 34 c.p.a., relativo alle sentenze di merito[9], nonché alla luce dei principi di effettività e di giusto processo (art. 1[10], 2 e 7, comma 7[11], c.p.a.). Infatti, solo riconducendo ad un sistema organico le azioni ammissibili, le pronunce giurisdizionali ed i principi costituzionali (in primis quello dell’effettività della tutela) è possibile delineare un quadro completo della tutela delle posizioni giuridiche di cui è portatore il privato nei confronti dell’Amministrazione. In quest’ottica, si è affermato che sarebbe più corretto parlare di “tecniche di tutela” piuttosto che di “azioni”[12].
È pertanto possibile concludere che, nonostante i principi recati dalla legge delega non abbiano trovato integrale recepimento, sia riconoscibile piena cittadinanza nel nostro ordinamento anche alle azioni di esatto adempimento e di accertamento mero, come si avrà modo di esplicitare nel prosieguo del presente capitolo.
In chiusura, va rammentato che tutte le azioni esperibili innanzi al G.A. non si limitano a quella di cognizione dal contenuto caducatorio, di accertamento e di condanna nei termini che si diranno: sono infatti esperibili anche azioni cautelari (artt. 55 ss.); azioni esecutive (artt. 112 ss.); azione in materia di accesso ai documenti amministrativi (art. 116 c.p.a.)[13]; azioni riguardanti la sorte del contratto in materia di appalti pubblici (artt. 121 e 122 c.p.a.); azioni collettive per l’efficienza delle Amministrazioni e dei concessionari dei pubblici servizi (D.Lgs. 198/2009), ossia un mezzo di tutela attivabile nei confronti delle P.A. e dei concessionari di servizi pubblici che si discostano dagli standard qualitativi ed economici fissati, o che violano le norme preposte al loro operato[14].
[1] Cfr. A. Pajno, Il Codice del Processo Amministrativo ed il superamento della giustizia amministrativa. Una introduzione al libro I, in A. Quaranta-V. Lopilato (a cura di), Commentario al Codice del Processo Amministrativo, Milano, 2011. L’Autore evidenzia come, mentre il sistema normativo previgente aveva quale punto focale i poteri del giudice e il perimetro della giurisdizione amministrativa, partendo dai quali l’interprete ricostruiva poi le azioni ammissibili nel processo amministrativo, all’opposto il Codice, rovesciando l’impostazione, pone al suo centro le situazioni giuridiche soggettive e i bisogni di tutela ad esse correlati e, forgia, sulla base di questi, gli strumenti (le azioni e le sentenze) necessari per dare ad essi piena soddisfazione.
Si veda anche M. Clarich, Azioni nel processo amministrativo, in Treccani.it, 2012, in cui si osserva che, fino a poco prima dell’approvazione del Codice del processo amministrativo, tutti i casi di ampliamento dei poteri del Giudice amministrativo vennero interpretati come casi di deroga alla regola generale in base alla quale la giurisdizione amministrativa ammette soltanto l’azione di annullamento.
[2] In questo senso, A.M. Sandulli, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, Napoli, 1963, che distingueva le azioni di impugnazione, le azioni di accertamento, l’azione di esecuzione, l’azione cautelare di sospensione.
[3] Sul punto, M.A. Sandulli, Il superamento della centralità dell’azione di annullamento, in Treccani.it, 2012; F. Pignatiello-A. Carbone, Le azioni di cognizione, in Il nuovo processo amministrativo – Vol. I (a cura di) M.A. Sandulli, Milano, 2013.
[4] Cfr. A. Pajno, Il Codice del processo amministrativo fra “cambio di paradigma” e paura della tutela, in Giornale di diritto amministrativo, n. 9, 2010.
[5] Tra i primi commenti al Codice, M.A. Sandulli, Anche il processo amministrativo ha finalmente un codice, in Foro amm. TAR, 2010, pp. LXV e ss.; A. R. Tassone, Così non serve a niente, in Giustamm.it, 2010; A. Travi, Osservazioni generali sullo schema di decreto legislativo con un ‘Codice’ del processo amministrativo, in Giustamm.it, maggio 2010, p. 5; R. Chieppa, Il Codice del Processo Amministrativo alla ricerca dell’effettività della tutela, in Il Codice del Processo Amministrativo, Milano, 2010; M. Clarich, Le azioni nel processo amministrativo tra reticenze del Codice e apertura a nuove tutele, in Giustizia-amministrativa.it, 2010.
[6] Cfr. M.A. Sandulli, Il Codice del Processo Amministrativo nel secondo correttivo: quali novità? in Federalismi.it, n. 18, 2012, la quale ha osservato che, mentre il primo intervento correttivo aveva come obiettivo principale quello di introdurre aggiustamenti minori, dovuti in molti casi a mere imperfezioni linguistiche nella formulazione delle disposizioni, con il secondo decreto sono state introdotte alcune puntuali modifiche. Si veda anche R. Chieppa, Il processo amministrativo dopo il correttivo al Codice, Roma, 2012.
[7] Quanto al principio di atipicità delle azioni v. §2.
[8] Su questo aspetto, A. Cerreto, Osservazioni sulle azioni esperibili nel processo amministrativo, in lexitalia.it., n. 6/2014. L’Autore osserva che il processo amministrativo, originariamente imperniato su due azioni principali attribuite alla giurisdizione di due giudici distinti (l’azione di annullamento esperibile davanti al Giudice amministrativo contro gli atti amministrativi illegittimi lesivi di un interessi legittimi; l’azione di risarcimento del danno costituente la forma di tutela principale esperibile davanti al Giudice ordinario nei confronti di comportamenti illeciti della Pubblica Amministrazione lesivi di un diritto soggettivo) si è gradualmente avviato verso forme di tutela ben più ampia.
[9] Preme rilevare come il testo promulgato si caratterizzi per un disallineamento formale tra le azioni disciplinate dal Codice e le categorie di pronunce di accoglimento di cui all’art. 34 dello stesso Codice. V. S. Raimondi, Le azioni, le domande proponibili e le relative pronunzie nel Codice del Processo Amministrativo, in Dir. proc. amm., 2011, 3, 913.
[10] “La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del Diritto Europeo”.
[11] “Il principio di effettività è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi”.
[12] G. Montedoro, La tutela dell’interesse legittimo dall’annullamento all’accertamento, in F. Caringella, R. Garofoli, G. Montedoro (a cura di), Le tecniche di tutela nel processo amministrativo, Milano, 2006.
[13] Cons. Stato, Ad. Plen., 24 gennaio 2023, n. 4, che ha confermato che l’azione in materia di accesso (art. 116 c.p.a.) è di annullamento del provvedimento, espresso o tacito, di diniego e di condanna al rilascio dei documenti richiesti. La medesima pronuncia ha inoltre chiarito che l’ordinanza resa nel corso del processo di primo grado sull’istanza di accesso documentale ai sensi dell’art. 116 c.p.a. è appellabile dinanzi al Consiglio di Stato. Le ragioni di tale appellabilità risiederebbero nella natura decisoria e non istruttoria di tale ordinanza. Le ordinanze istruttorie, diversamente, rilevando solo all’interno del processo, non sono appellabili (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 24 gennaio 2023, n. 4).
[14] G. Fidone, L’azione per l’efficienza nel processo amministrativo: dal giudizio sull’atto a quello sull’attività, Torino, 2012. L’azione per l’efficienza amministrativa costituisce un nuovo strumento che estende la tutela processuale alla valutazione dell’attività amministrativa, consentendo un controllo dell’attività amministrativa in relazione a parametri ritenuti standard e a correggerla, qualora le prestazioni rese siano insufficienti rispetto agli stessi parametri. L’azione è finalizzata a ripristinare il “corretto svolgimento della funzione” o “la corretta erogazione di un servizio”, nel caso di alcune fattispecie indicate dalla stessa norma e consistenti nella violazione di termini, nella mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, nella violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi e nella violazione di standard qualitativi ed economici.
[…]
*Contributo estratto dal “Manuale del processo amministrativo” di Francesco Caringella, Marco Giustiniani – IV edizione – Dike giuridica editrice – Febbraio 2025