Dike giuridica, Istituti e sentenze commentate

La patente di guida extraeuropea falsa integra reato indipendentemente dalla sua validità sul territorio nazionale*

La patente di guida extraeuropea falsa: La massima

Cass. Sez. Un. 24 novembre 2022, n. 12064 (La patente extraeuropea falsa): La contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo integra il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. anche quando non ricorrano le condizioni di validità del documento ai fini della conduzione di un veicolo nel territorio nazionale, come fissate dagli artt. 135 e 136 cod. strada.

Il commento: il caso, le questioni giuridiche, la soluzione, la sentenza

La patente di guida extraeuropea falsa: il caso

La questione sottoposta alle Sezioni Unite sorge a seguito di una sentenza di condanna emessa dal giudice di primo grado, poi confermata dalla Corte di appello di Milano, per il reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p., conseguente all’accusa di aver formato o fatto formare una falsa patente di guida, apparentemente rilasciata dalla competente autorità estera, sulla quale era stata apposta la foto dell’imputato.

La Corte milanese aveva infatti rigettato le obiezioni sollevate dalla difesa dell’incolpato, tendenti ad escludere l’offensività del fatto, richiamando la tesi secondo la quale integra la fattispecie delittuosa di cui agli artt. 477 e 482 c.p. la falsificazione non grossolana della patente rilasciata da uno Stato estero, anche qualora non sussistano le condizioni di validità fissate dagli artt. 135 e 136 del C.d.S., ai fini della conduzione del mezzo nel territorio nazionale.

Proponendo ricorso per Cassazione avverso tale sentenza, la difesa deduceva poi l’erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 477 e 482 c.p., rilevando la sostanziale innocuità del falso posto in essere dall’imputato, posto che la patente di cui il predetto era in possesso sarebbe stata inidonea, ai sensi e per gli effetti stabiliti dagli artt. 135 e 136 del C.d.S., ad abilitarlo alla guida sul territorio nazionale, trattandosi di un cittadino extracomunitario che, al momento dell’accertamento del reato, si trovava nello Stato da oltre un anno e non aveva mai provveduto né alla validazione internazionale, né alla conversione del documento.

Secondo il ricorrente, per vero, nel caso in cui la patente sia stata rilasciata da uno Stato estero, in assenza delle ulteriori condizioni normativamente previste per la sua validità nel territorio nazionale, il documento risulterebbe di per sé inidoneo a svolgere la funzione abilitante, di talché, la sua falsificazione risulterebbe inutile e innocua, come del resto già affermato da una parte della giurisprudenza.

La patente di guida extraeuropea falsa: le questioni giuridiche

La questione sottoposta alle Sezioni Unite con l’ordinanza del 10 giugno 2022 è se “la contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione Europea integri il reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p. solo ove sussistano le condizioni di validità di tale documento ai fini della abilitazione alla guida anche in Italia stabilite dall’art. 135 C.d.S.”.

Il dubbio della sezione remittente nasce dalla riscontrata sussistenza di un irrisolto contrasto giurisprudenziale in ordine ai presupposti necessari per la configurabilità del delitto di falsificazione della patente di guida rilasciata da uno Stato non appartenente all’Unione Europea.

Segnatamente, la sezione remittente osserva la perdurante vigenza di una dicotomia di orientamenti che, pur concordando sull’esclusione della possibilità di riconoscere l’ipotesi del falso innocuo, si dividono sulla rilevanza da attribuire alla patente di guida estera, ossia sulla sua inquadrabilità, in assenza dei requisiti sanciti dall’art. 135 C.d.S., tra gli atti tipici oggetto della fattispecie delittuosa disciplinata dall’art. 477 c.p..

Ed infatti, la giurisprudenza risulta divisa tra coloro che ritengono che il falso risulti penalmente rilevante solo nel caso in cui siano state rispettate le condizioni stabilite dall’art. 135 C.d.S. per la validità nel territorio italiano della patente rilasciata da uno Stato estero e coloro che, invece, sostengono l’irrilevanza a tal fine delle condizioni previste dal codice della strada, attesa la perdurante idoneità del documento estero falso, pur formalmente privo di validità, ad ingannare la fede pubblica.

Secondo il primo e più risalente orientamento, infatti, senza la precondizione del rispetto della disciplina prevista dall’art. 135 C.d.S., la patente estera, non potendo abilitare alla guida sul territorio nazionale, non potrebbe mai configurare l’autorizzazione o la certificazione rilevante ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 477 c.p.

A tenore del secondo orientamento, più di recente sviluppatosi, invece, la perdurante rilevanza ai fini penali della patente estera falsa risiede nel fatto che si tratta pur sempre di un documento contraddistinto da un proprio contenuto giuridico e probatorio, “sia intrinseco, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di quanto in esso certificato, sia estrinseco, avendo potenziale rilievo autorizzatorio se abbinato ad un altro atto”.

La patente di guida extraeuropea falsa: la soluzione

Le Sezioni Unite, al fine di risolvere il dubbio interpretativo sottoposto dalla sezione remittente, hanno preliminarmente esaminato le norme extrapenali disciplinanti le condizioni alle quali il titolare di una patente rilasciata da uno Stato estero può condurre un veicolo in Italia, nonché rammentato che il codice della strada prevede la possibilità di guidare veicoli sul territorio nazionale ai soggetti in possesso di patente rilasciata da uno Stato estero “se il documento risulta conforme ai modelli configurati dalle convenzioni internazionali menzionate in precedenza e, salvo che non sia intervenuto con lo Stato emittente un accordo bilaterale in senso contrario (come, ad esempio, quello stipulato il 4 dicembre 2015 con la Confederazione Elvetica), sempre che la patente straniera sia accompagnata da un permesso internazionale di guida ovvero dalla traduzione ufficiale in lingua italiana”.

La possibilità contemplata dal codice della strada è poi subordinata all’ ulteriore condizione, previsa dall’art. 41 della Convenzione dell’ONU sulla circolazione stradale firmata a Vienna l’8 novembre 1968, che il soggetto non sia residente nel territorio nazionale da più di un anno, posto che, in tal caso, deve munirsi della corrispondente patente italiana, tramite conversione di quella straniera in suo possesso.

È poi prevista dall’art. 136bis C.d.S., in attuazione delle direttive Europee 2006/126/CE, 2009/113/CE e 2011/94/CE, una disciplina ad hoc per il possessore di patente rilasciata da uno Stato dell’Unione Europea o appartenente allo Spazio economico Europeo, posto che ne viene equiparato il valore a quella nazionale, imponendo al titolare di procedere al riconoscimento o alla conversione se abbia acquisito la residenza nel territorio italiano, come definita dall’art. 118bis dello stesso codice.

Per altro, l’art. 135 del C.d.S. prevede un sistema di sanzioni per i casi di violazione delle regole disciplinanti la guida nel territorio nazionale da parte di soggetti titolari della sola patente estera, sanzionando in particolare il titolare di patente rilasciata da uno Stato extra UE o extra SEE che circoli sul territorio italiano senza il permesso internazionale o senza la traduzione ufficiale della suddetta patente, nonché il soggetto non residente in Italia o ivi residente da meno di un anno che circoli con patente straniera scaduta, o ancora il titolare di patente straniera che, trascorso più di un anno dall’acquisizione della residenza italiana, si ponga alla guida di un veicolo senza averne richiesto la conversione.

Del resto, osserva la Corte, in base al disposto di cui agli artt. 35 del D.P.R. n. 28 dicembre 2000, n. 445, e 292 del R.D. del 6 maggio 1940, n. 635, la patente rappresenta anche un documento di riconoscimento equipollente alla carta d’identità che, ai sensi degli artt. 1, lett. c), e 3 del citato decreto 445/2000, si estende anche alla patente rilasciata da uno Stato estero membro dell’Unione Europea.

Ciò premesso, le Sezioni Unite hanno aderito al secondo degli orientamenti giurisprudenziali sopra prospettati, osservando che entrambi gli indirizzi concordano sull’irrilevanza del falso innocuo ed affermano che la contraffazione di una patente di guida integri il reato di cui all’art. 477 c.p., posto che la stessa deve ritenersi ricompresa tra le autorizzazioni amministrative.

Tuttavia, solo il primo dei due orientamenti giurisprudenziali in esame ha chiaramente evidenziato come la questione “della rilevanza penale della falsificazione della patente extracomunitaria” debba preliminarmente passare attraverso l’accertamento della tipicità del fatto, per poi, solo dopo, passare ad affrontare il tema della sua offensività.

Ed infatti il punto nodale della questione sottoposta dalla sezione remittente è se, in simili ipotesi, la patente sia idonea ad essere inquadrata nell’alveo dei documenti penalmente rilevanti ai sensi dell’art. 477 c.p. “In altri termini, il quesito è se il falso sia penalmente irrilevante non già perché inoffensivo, ma perché atipico in relazione al suo oggetto materiale”.

Del resto, la soluzione del quesito posto alle Sezioni Unite risulta intimamente collegata all’effettiva possibilità di ricomprendere il documento abilitativo rilasciato da uno Stato che non sia parte dell’Unione Europea e sia, del pari, privo dei requisiti di validità stabiliti dall’ordinamento nazionale, all’interno dello schema tipico delineato dall’art. 477 c.p.

Proprio a tal riguardo la Corte ha osservato che anche gli atti pubblici rilasciati da autorità estere sono tutelati dalle norme del codice penale previste in materia di falso documentale, a condizione che si rivelino idonei a produrre un qualsiasi effetto all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, non essendo per vero dirimente l’autorità emanante, in quanto è “alla funzione documentale dell’atto riconosciuta e incorporata nell’ordinamento interno che viene estesa la tutela penale riservata agli atti emessi dall’autorità pubblica nazionale”.

Orbene, nel caso di specie, deve osservarsi che la patente è considerata tra le autorizzazioni amministrative e, di conseguenza, per giustificare la medesima qualificazione della patente straniera, è necessario che la normativa nazionale “le riconosca una funzione documentale analoga a quella attribuita alla patente rilasciata dalle autorità italiane”.

Sul punto osservano le Sezioni Unite, la prima tesi sostiene che la patente rilasciata da un’autorità straniera non facente parte dell’Unione Europea sia inquadrabile nel novero delle autorizzazioni amministrative, rilevanti ai fini dell’art. 477 c.p., solo al ricorrere delle condizioni normativamente previste dall’art. 135 del C.d.S., mentre i sostenitori della tesi opposta ne prescindono.

A parere della Suprema Corte, tuttavia, il primo degli orientamenti non risulta condivisibile in quanto, così opinando, “finisce per elidere lo stesso significato dell’atto in sé considerato”, che deve essere invece individuato nella funzione di documentare il conseguimento del titolo autorizzativo nel paese di emissione, a prescindere dal rispetto delle ulteriori condizioni di validità necessarie per la circolazione sul territorio nazionale previste dallo Stato italiano, tramite la regolamentazione fissata dal Codice della Strada. Proprio su queste basi la Corte giunge ad affermare il seguente principio di diritto “La contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione Europea o allo Spazio economico Europeo integra il reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p. anche quando non ricorrano le condizioni di validità del documento ai fini della conduzione di un veicolo nel territorio nazionale”.

La patente di guida extraeuropea falsa: la sentenza

Cass., Sez. Un., 24 novembre 2022, n. 12064, Presidente Cassano Margherita

(Omissis).

3.1. In riferimento alla fattispecie descritta, secondo un primo e più consolidato indirizzo, la falsificazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero può integrare il reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p. solo in presenza delle condizioni fissate per la sua validità dall’art. 135 C.d.S. (sez. V, 28-4-2021, n. 24227, Tarar, rv. 281439; sez. V, 10-4-2019, n. 21915, Kerri, non mass.; sez. V, 21-1-2019, n. 10314, Poliku, non mass.; sez. V, 17-4-2018, n. 21929, Ramos, rv. 273022; sez. V, 1-12-2014, n. 9268, dep. 2015, Ndiaye, rv. 262963; sez. V, 8-3-2007, n. 12693, Aghohawa, rv. 236180).

Tale filone interpretativo muove dall’unico rilievo che la patente rilasciata da uno Stato estero non appartenente all’Unione Europea, in mancanza delle condizioni fissate dal citato art. 135 C.d.S., non abilita alla guida in Italia e, pertanto, non può costituire “autorizzazione” o “certificazione” rilevante ai sensi dell’art. 477 c.p., costituendo un documento che non ha alcuna validità nel territorio italiano quale titolo di legittimazione alla guida dei veicoli, né – come espressamente sottolineato da sez. V, 17-4-2018, n. 21929 e sez. 5, 8-3-2007, n. 12693 – quale mezzo di certificazione dell’identità personale.

Secondo le pronunzie citate, è poi compito del giudice del merito compiere gli accertamenti necessari per stabilire la sussistenza dei presupposti che consentono la guida nel territorio italiano al possessore della patente straniera, in quanto, per l’appunto, solo l’accertata validità della stessa comporta l’integrazione del reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p. nel caso in cui la stessa risulti oggetto di contraffazione o alterazione.

In proposito va peraltro sottolineato che sez. V, 17-4-2018, n. 21929 e sez. V, 10-4-2019, n. 21915 hanno limitato il controllo giudiziale alla sola verifica della residenza dello straniero in Italia da non oltre un anno, in quanto tale presupposto “costituisce il profilo integrante la validità della patente straniera anche nel nostro territorio”, escludendo che il suddetto controllo debba estendersi anche alle ulteriori condizioni richieste dal citato art. 135 C.d.S. e dal successivo art. 136 dello stesso codice, disposizioni relative al possesso da parte dello straniero del permesso internazionale di guida ovvero della traduzione ufficiale della patente in lingua italiana, adempimenti che “non incidono sulla validità intrinseca del predetto titolo abilitativo, costituendo solo documenti accompagnatori della patente la cui mancanza non può interferire, pertanto, sull’efficacia e validità del documento abilitativo alla guida in Italia”.

Principi questi che sono stati di recente ribaditi anche dalla già richiamata sez. V, 28-4-2021, n. 24227, la quale ha in aggiunta precisato come, al fine di stabilire la rilevanza penale della falsificazione della patente straniera non validata ai sensi delle norme del codice della strada, non possa evocarsi la tematica del c.d. “falso innocuo”. In tal senso la pronunzia citata osserva che l’inoffensività del falso presuppone il positivo accertamento della sussumibilità del fatto in una delle fattispecie di reato previste dagli artt. 476 e ss. c.p. e quindi l’appartenenza dell’atto falsificato ad una delle categorie documentali previste da tali disposizioni. Nel caso della patente straniera non validata, secondo la pronunzia citata, prima ancora di valutare l’offensività del falso, è invece necessario stabilire se il documento incriminato costituisca o meno una autorizzazione o una certificazione amministrativa, potendo dunque essere identificato con l’oggetto tipico della fattispecie prevista dall’art. 477 c.p. Il che, per le ragioni già illustrate, la stessa pronunzia ha ritenuto di dover escludere.

3.2. Come accennato, accanto a questo primo indirizzo ed in contrapposizione dialettica con il medesimo, si è formato negli ultimi anni un altro orientamento, secondo cui la contraffazione della patente estera integra comunque il reato previsto dal combinato disposto degli artt. 477 e 482 c.p., anche qualora, cioè, non ricorrano le condizioni fissate dal codice della strada perché tale documento consenta al suo possessore di guidare nel territorio nazionale (sez. V, 27-10-2021, n. 45255, Samb Modou, rv. 282252; sez. V, 15-2-2021, n. 10304, Abdellatif, rv. 280847; sez. V, 27-9-2018, n. 57004, Braun, rv. 274172; sez. V, 4-6-2014, n. 35092, Mohamed Abdel Rahman, non mass.).

Le citate pronunzie sottolineano come la contraffazione di una patente estera, ancorché non validata, sia idonea ad ingannare la fede pubblica, non solo per la sua apparente corrispondenza ad un documento genuino, ma in quanto il contenuto del titolo abilitativo alla guida contraffatto, esplicando concreti effetti sulla funzione documentale, non è irrilevante ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio, trattandosi di un certificato dotato di un proprio rilievo giuridico-probatorio, sia intrinseco, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di quanto in esso contenuto, sia estrinseco, in riferimento al potenziale rilievo autorizzatorio qualora abbinato ad un altro atto. In altri termini, la patente di guida estera avrebbe, di per sé e a prescindere dal suo abbinamento con altri requisiti o atti, “una propria fisionomia giuridica di validità intrinseca, trattandosi di un atto che anche da solo esiste ed esprime un determinato contenuto, che è poi il contenuto richiesto dalla legge affinché esso, posto insieme agli altri titoli e condizioni necessari per l’abilitazione alla guida, svolga la sua funzione legittimante” (così sez. V, 15-2-2021, n. 10304, Abdellatif, cit.). Secondo sez. V, 4-6-2014, n. 35092 e sez. V, 27-10-2021, n. 45255, l’autonoma rilevanza giuridica della patente straniera è poi confermata dal diverso disvalore che l’ordinamento riconosce all’ipotesi di guida senza permesso internazionale (ovvero senza la traduzione ufficiale della patente estera) rispetto a quella di guida senza patente, per come dimostrato dalla differente modulazione della risposta sanzionatoria riservata nel codice della strada alle due fattispecie, integranti autonomi e distinti illeciti.

(Omissis).

In quest’ottica sez. V, 27-9-2018, n. 57004 e sez. V, 15-2-2021, n. 10304 hanno in particolare sottolineato come sia irrilevante l’eventuale difetto delle condizioni di validità stabilite dagli artt. 135 e 136 C.d.S., non risultando tale invalidità per tabulas dall’esame dello stesso documento contraffatto, atteso che l’eventuale accertamento da parte del giudice in ordine alla sussistenza di tali condizioni costituirebbe un posterius non incidente sul perfezionamento del reato, che già si sarebbe consumato con la contraffazione o con l’esibizione di un siffatto atto.

(Omissis).

Non di meno, con riguardo alla fattispecie oggetto del conflitto, la nozione di falso innocuo viene evocata nel significato proprio indicato in precedenza ed è in relazione a tale significato che i due orientamenti, pur divergendo nelle conclusioni, concordano invece nel ritenere inconferente il tema. Ed in tal senso sono state soprattutto le pronunzie iscrivibili nel primo dei due orientamenti illustrati (ed in particolare la citata sez. V, 28-4-2021, n. 24227) ad aver chiarito in maniera più articolata come quella della rilevanza penale della falsificazione della patente extracomunitaria sia questione che attiene all’accertamento della tipicità del fatto e, in particolare, dell’oggetto materiale della condotta, da intendersi come pregiudiziale rispetto alla valutazione dell’offensività del fatto. In altri termini si è affermato – a volte solo implicitamente nello sviluppo argomentativo delle varie pronunzie – che la soluzione dipende dalla possibilità o meno di ricondurre effettivamente la patente rilasciata da uno Stato extracomunitario e non validata secondo le regole poste dal codice della strada alle categorie documentali tassativamente prese in considerazione dalla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 477 c.p.

(Omissis).

Ciò che è in discussione, invece, è se tale funzione sia o meno rilevante per la punibilità del falso secondo la legge penale Italia e, dunque, se le suddette patenti, proprio perché apparentemente rilasciate da una autorità pubblica straniera, costituiscano altrettanti “certificati o autorizzazioni amministrative” ai sensi ed ai fini dell’art. 477 c.p. In altri termini, il quesito è se il falso sia penalmente irrilevante non già perché inoffensivo, ma perché atipico in relazione al suo oggetto materiale.

(Omissis).

6.2. Non deve allora confondersi – come correttamente ritenuto da sez. V, 15-2-2021, n. 10304, Abdellatif – la funzione legittimante alla guida con l’identità dell’atto, che esprime un autonomo contenuto giuridico riconducibile alle categorie documentali considerate dall’art. 477 c.p. e che prescinde dalle condizioni estrinseche poste dal codice della strada al fine di consentire al suo titolare di condurre un veicolo nel territorio nazionale, essendo pacifico che gli artt. 135 e 136 C.d.S. si applicano solo a chi risulti, anzitutto, titolare di una patente di guida effettivamente conseguita in un paese estero.

(Omissis).

6.4. È dunque evidente che la legge italiana, ai fini summenzionati, riconosce alla patente extracomunitaria proprio la funzione di documentare il suo rilascio in un paese straniero quale presupposto per la determinazione di alcuni effetti giuridici nell’ordinamento interno. Riconoscimento che si rivolge alla natura di titolo abilitativo alla guida in genere che il documento esprime, la quale prescinde dalla sussistenza degli ulteriori presupposti che legittimano il suo titolare a circolare sulle strade italiane. La patente extracomunitaria deve considerarsi pertanto atto tipico ai fini ed ai sensi dell’art. 477 c.p., con la conseguenza che la sua contraffazione da parte di un privato, quando non grossolana, integra il delitto previsto e punito da tale articolo, in combinato disposto con la previsione di cui all’art. 482 dello stesso codice.

(Omissis).

*COMMENTO di Sara Pedone – estratto da Obiettivo Magistrato n. 64/Maggio 2023 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica