Dike giuridica, Istituti e sentenze commentate

L’atto amministrativo*

L'atto amministrativo*

L’atto amministrativo: definizione di atto amministrativo in chiave comparata

La nozione di atto amministrativo, sconosciuta prima della rivoluzione francese, ha ottenuto una prima base normativa con la legge del 16 fruttidoro anno III del 3 settembre 1795 e una prima elaborazione dottrinale con il Merlin, che la introdusse nel 1812 nel repertorio Guyot.

Di atto e provvedimento amministrativo, la cui nozione è rimasta sconosciuta sino alla rivoluzione francese, sono state proposte decine di definizioni. A livello comparato, tra quelle che hanno ottenuto maggior fortuna, ricordiamo quella tedesca di O. Mayer che definisce così il Verwaltung: “ein der Verwaltung zugehoriger obrigkeitlicher Ausspruch der dem Untertanen gegenuber in Einzelfall bestimmt, was fur ihn Rechtens soll” (“pronuncia autoritativa di una pubblica amministrazione determinativa nel caso singolo, per l’amministrato, di ciò che per lui deve essere conforme al diritto”); o quella francese di M. Hauriou, secondo cui la decision executive (o acte administratif) è la declaration de volonté en vue de produire un effet des droit, emise par une autoritè administrative (“dichiarazione di volontà volta a produrre effetti giuridici emessa da un’autorità amministrativa in forma esecutoria, ossia tale da comportare l’esecuzione d’ufficio”). A livello comunitario, si parla di atto amministrativo come di “un atto emanato dall’amministrazione comunitaria a seguito di un procedimento produttivo di effetti giuridici nei confronti di altri soggetti, immediatamente efficace, contro il quale è offerta tutela giurisdizionale.

L’atto amministrativo: la definizione di atto amministrativo nel nostro ordinamento

Venendo al nostro ordinamento, l’atto amministrativo rientra nella categoria degli atti giuridici di diritto pubblico compiuti dai soggetti attivi della P.A. nell’esercizio di una potestà amministrativa. Esso è lo strumento di cui l’Amministrazione si serve per garantire la cura degli interessi pubblici concreti determinati in sede di indirizzo politico e rappresenta una manifestazione autoritaria di volontà e di giudizio da parte della P.A.

Si tratta, tuttavia, di una nozione frutto dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, considerato che nel nostro ordinamento manca una definizione legislativa di atto amministrativo.

Sin dal XIX secolo, la dottrina di matrice liberale ha concepito l’Amministrazione come autorità che manifesta la sua essenza attraverso atti unilaterali dotati di potestà d’imperio, ossia capaci di incidere immediatamente sulle posizioni giuridiche dei soggetti destinatari.

L’evoluzione della nozione di atto amministrativo è avvenuta lungo due binari: da un lato, quello che conduce a evidenziare il ruolo di supremazia riconosciuto alla P.A. sugli amministrati; dall’altro, quello di garanzia, essendo l’atto amministrativo, a differenza del negozio giuridico, vincolato nei fini che è deputato a perseguire. Tale vincolo finalistico rappresenta non solo una garanzia verso il concreto perseguimento di interessi della collettività, ma anche un parametro di legittimità da utilizzare in sede giurisdizionale.

L’identificazione tra attività della P.A. e atto amministrativo è stata conservata anche all’interno della Costituzione: il sistema di tutela giurisdizionale nei confronti della P.A. (art. 113 Cost.) viene, infatti, ricostruito come possibilità di far valere sempre le proprie posizioni di diritto soggettivo e interesse legittimo “contro gli atti della Pubblica Amministrazione.

L’approfondimento degli studi sull’atto amministrativo consente, però, di superare la sovrapposizione tra attività dell’amministrazione e atto amministrativo. Si tratta di un percorso graduale che conduce dapprima a esaltarne le differenze rispetto all’istituto del negozio giuridico di diritto privato, fino a giungere a ritagliare, all’interno della lata categoria di atto amministrativo, quella più specifica di provvedimento amministrativo.

L’atto amministrativo: le teorie sulla nozione di atto amministrativo

Al riguardo, sono state prospettate diverse teorie sulle caratteristiche strutturali della nozione di atto amministrativo.

Secondo la teoria formale, risalente alla metà del secolo scorso, sono atti amministrativi tutti gli atti di natura pubblicistica emanati dal potere esecutivo, compresi i decreti legislativi delegati, i decreti legge, nonché gli atti di natura giurisdizionale emanati dagli organi del potere esecutivo[1].

Partendo dalla considerazione che non vi è nell’ordinamento giuridico una rigorosa corrispondenza tra potere dello Stato e rispettiva funzione, la teoria formale-sostanziale, che fa seguito alla precedente, sostiene che un atto può essere considerato “amministrativo” in presenza di due elementi: uno di carattere formale, costituito dalla necessità che l’atto promani da un’autorità amministrativa, e uno di carattere sostanziale, rappresentato dalla circostanza che sia esercizio di una potestà amministrativa finalizzata alla cura dell’interesse pubblico[2].

Dalla teoria formale-sostanziale si è, in seguito, passati alla teoria negoziale, di derivazione pandettistica, che ricostruisce l’atto amministrativo secondo il modello del negozio giuridico di diritto privato. Questa teoria, infatti, opera un parallelismo tra l’autonomia privata e la discrezionalità amministrativa e distingue gli atti amministrativi negoziali, che costituiscono manifestazioni di volontà della P.A. volte a realizzare finalità pubbliche, dai meri atti amministrativi, che invece si concretizzano in una dichiarazione di scienza. Si è, però, osservato che, mentre il privato nell’esercizio dell’autonomia negoziale è libero nella scelta dei fini che vuole perseguire, la P.A. esprime la propria azione attraverso atti che sono tipici e nominati. Ne consegue che la discrezionalità del soggetto pubblico implica un margine di scelta di scelta solo in riferimento alla comparazione tra interesse pubblico primario e interessi secondari, perché è sempre vincolata al rispetto della causa giustificativa del potere attribuitole. Di qui la natura mai libera, ma sempre funzionale dei provvedimenti amministrativi, l’ammissibilità in via generale dell’autotutela decisoria, il diverso regime delle invalidità e, più in generale, “un regime esorbitante” rispetto a quello privatistico per atti che non hanno natura negoziale in quanto manca l’aspetto dell’autonomia al pari di quello del carattere patrimoniale del rapporto di cui all’art. 1321 c.c.

L’atto amministrativo: la teoria della procedimentalizzazione e funzionalizzazione dell’attività amministrativa

La teoria accolta dalla dottrina attualmente prevalente è quella funzionale-procedimentale, che opera una distinzione tra atto e provvedimento amministrativo, sulla base delle due principali caratteristiche dell’operato della P.A.: la procedimentalizzazione e la funzionalizzazione dell’attività amministrativa. Si rilevi, in merito, che la P.A., di regola, persegue i suoi fini utilizzando una serie di atti tra loro concatenati e coordinati, diretti all’emanazione del provvedimento finale, il quale rappresenta l’espressione tipica del potere amministrativo nella misura in cui consente di manifestare all’esterno la volontà della P.A. ed è idoneo a incidere unilateralmente nella sfera giuridica dei terzi e a essere portato a esecuzione anche contro la volontà del destinatario. Giannini definisce così il provvedimento come quell’atto amministrativo con cui l’autorità dispone in ordine all’interesse pubblico di cui è attributaria, esercitando la propria autorità e, correlativamente, incidendo sulle situazioni soggettive del privato. Clarich parla di manifestazione di volontà tesa a produrre, in via unilaterale, effetti nella sfera del destinatario, aggiungendo che anche nel provvedimento viene in rilievo, come anche nel caso della legge o della sentenza, l’espressione dell’autorità dello Stato. Al contrario, l’atto amministrativo non è espressione di una volontà diretta al raggiungimento di un obiettivo prefissato, ma è una manifestazione di scienza, di giudizio. Esso, infatti, si connota per la sua natura strumentale e preparatoria rispetto al provvedimento finale con cui si conclude il procedimento amministrativo: pertanto, ha rilevanza meramente interna ed è inidoneo a incidere sulla sfera soggettiva individuale dei soggetti che entrano in contatto con l’Amministrazione.


[1] Del resto, nel contesto storico in cui si innesta la teoria tradizionale, il concetto di potere esecutivo aveva una estensione maggiore di quella odierna, tale da ricomprendere anche organi quali il Consiglio di Stato e le Giunte provinciali amministrative.

[2] G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, Principi generali, V. ed. Milano, 1947, 188.

*Contributo estratto dal Manuale Maior di Diritto Amministrativo – Parte Generale e Parte Speciale di Francesco Caringella- Dike Giuridica 2023