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Divieto di accaparramento di clientela: l’offerta di assistenza legale a “zero spese di anticipo” (CNF sentenza n.177/23).

Divieto di accaparramento di clientela: l'offerta di assistenza legale a “zero spese di anticipo” (CNF sentenza n.177/23).

Divieto di accaparramento di clientela: il fatto

Nel gennaio 2018, a seguito del deragliamento di un treno utilizzato da lavoratori pendolari, perdevano la vita 3 persone e altre 46 rimanevano ferite.

Pochissime ore dopo l’incidente, sulla pagina Facebook di uno Studio legale compariva un post che, facendo riferimento al disastro ferroviario, precisava: “I prossimi congiunti delle vittime e le numerose persone che hanno subito lesioni hanno diritto di ottenere il giusto risarcimento dai responsabili dell’accaduto. Lo Studio Legale [OMISSIS] è in grado di fornire assistenza altamente qualificata alle incolpevoli vittime di questa sciagura. Pagamento di spese e compensi legali solo a risarcimento ottenuto. Contattaci online o chiamaci allo [OMISSIS] o al Numero Verde [OMISSIS] per ottenere una valutazione preventiva del caso senza oneri a tuo carico».

La pubblicazione del post provocava, nel mondo forense, una veemente e sdegnata reazione per le forme, i contenuti, i tempi e le modalità con cui era stata diffusa l’offerta di prestazioni legali in favore delle vittime dell’incidente.

Dopo aver subito rimosso il post, gli avvocati coinvolti, scusandosi per l’accaduto, precisavano ai rispettivi ordini professionali di appartenenza che il post in questione era stato erroneamente pubblicato. Si trattava infatti di una bozza pubblicata per errore da una addetta di studio.

Numerosi procedimenti disciplinari venivano promossi a carico degli avvocati coinvolti nella vicenda, nell’ambito dei quali veniva contestato anche l’illecito di accaparramento di clientela (Divieto di accaparramento di clientela : art. 37 del Codice Deontologico Forense – Compendio di deontologia forense, Dike Giuridica 2023).

Divieto di accaparramento di clientela: la decisione n. 53/2019 del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Venezia

Avverso i provvedimenti disciplinari adottati dai Consigli degli Ordini di appartenenza, veniva adito il Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Venezia che con la decisione n. 53/2019 concludeva per la fondatezza delle contestazioni relative alla violazione dell’art. 9, comma 1, del cdf, alla violazione dell’art. 35, comma 2, del cdf, alla violazione dell’art. 37, comma 1, del cdf e alla violazione dell’art. 37, comma 5, del cdf.

Quanto alla violazione dell’art. 9, comma 1 (Dovere di probità, dignità, decoro e indipendenza), perché nella fattispecie risultavano contravvenuti i doveri generali di probità, dignità e decoro (e pure i canoni di lealtà e correttezza anche sotto il profilo concorrenziale).

Quanto alla violazione dell’art. 35, comma 2 (Dovere di corretta informazione), perché il post in questione travalicava i limiti informativi del messaggio pubblicitario consentito all’avvocato: il messaggio risultava suggestivo, ingannevole e non corretto, contrario alla dignità e al decoro, comparativo e autocelebrativo.

Quanto alla violazione dell’art. 37, comma 1 (Divieto di accaparramento di clientela), perché il fine del post era chiaramente l’acquisizione di clientela, fine perseguito con modalità non conformi a correttezza e decoro.

Quanto alla violazione dell’art. 37, comma 5 (Divieto di accaparramento di clientela), perché nel caso di specie era stata offerta, senza richiesta, l’assistenza (definita “altamente qualificata”) nelle azioni da promuovere in favore delle persone coinvolte e danneggiate, direttamente o indirettamente, nell’incidente ferroviario, quindi non una informativa rivolta ad un pubblico indefinito o ad una pluralità indistinta e non identificabile di persone, ma ad uno specifico e ristretto segmento di soggetti, e con riferimento alle indicate azioni (rappresentanti uno “specifico affare”), configurandosi in tal modo un mezzo non conforme a dignità e decoro di acquisizione di clientela.

Il Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Venezia, concludeva il procedimento, applicando a carico di ogni soggetto incolpato la sanzione edittale della censura e per solo alcuni di essi anche la sospensione dall’esercizio della professione legale per la durata di 3 mesi.

Divieto di accaparramento di clientela: la sentenza n. 177/2023 del Consiglio Nazionale Forense

I destinatari delle sanzioni provvedevano a impugnare la decisione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, chiedendo la dichiarazione d’insussistenza degli illeciti contestati, con conseguente annullamento della decisione impugnata.

Il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 177/2023 (depositata il 20 settembre 2023), ha affermato che il Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Venezia, lungi dal giudicare la fattispecie in una logica di responsabilità oggettiva, aveva correttamente inquadrato la responsabilità disciplinare degli incolpati in ragione dei carenti modelli organizzativi da loro adottati, nonché della loro culpa in eligendo e in vigilando.

Il CNF ha confermato altresì l’illecito di accaparramento della clientela di cui all’art. 37, comma 1, del cdf: costituisce illecito deontologico il comportamento dell’avvocato che, al fine di acquisire potenziali clienti, pubblicizzi il proprio studio legale mediante l’offerta di assistenza legale a “zero spese di anticipo”, trattandosi di informazione non ispirata al rispetto dei doveri di dignità e decoro.

Si profila certamente illecito deontologico offrire assistenza legale gratuita alle parti di un fatto di cronaca di grande clamore mediatico al fine di ricavarne una possibile notorietà.

Con riferimento poi all’art. 37, comma 5, il Consiglio Nazionale Forense, avallando il percorso dialettico del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Venezia, ha evidenziato quanto anche statuito in merito dalla Suprema Corte (Cass., SS.UU., 8 marzo 2022 n. 7501): costituisce violazione disciplinare offrire, senza esserne richiesto, una prestazione rivolta a potenziali interessati per uno specifico affare (nel caso di specie, sul sito internet di un comitato costituito ad hoc era stato pubblicato il modulo per l’adesione ad una class action mediante apposito mandato, da inviare allo studio professionale di un avvocato, previo versamento di una modesta somma, asseritamente imputata a spese vive).

Il Consiglio Nazionale Forense ha quindi confermato la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Venezia, riformata solo ed esclusivamente sul trattamento sanzionatorio.