Le concessioni di gioco sono provvedimenti di autorizzazione all’esercizio di un’attività economica?
No, non si tratta di semplice autorizzazione, le concessioni di gioco sono concessioni di servizi nei termini scanditi dall’art. 5, par. 1, lett. b), della direttiva UE 2014/23. – Cons. Stato, sez. VII, ord. 16 novembre 2023, n. 9843.
Il Collegio, appurato che le concessioni di gioco, non sono provvedimenti di semplice autorizzazione o licenza amministrativa per l’esercizio di un’attività economica, le configura come concessioni di servizi, nei termini scanditi dall’art. 5 della direttiva 2014/23/UE, secondo cui: “un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo”.
Sono, dunque, convenzioni/contratti accessivi al provvedimento di concessione, mediante le quali l’amministrazione aggiudicatrice consegue i benefici della prestazione di un servizio determinato, assicurando una remunerazione al prestatario.
Ed invero, il corrispettivo dei concessionari consiste nel diritto di gestire detti giochi in favore degli utenti finali e la sua entità è data dalla raccolta che deriva dalla vendita delle cartelle, dedotti il prelievo erariale, le vincite e la quota che spetta al soggetto preposto al controllo centralizzato del gioco.
Per quanto attiene all’esistenza di un interesse transfrontaliero – come anche evidenziato dalla Corte di Giustizia – può risultare dall’importanza economica della convenzione di cui è prevista la conclusione, dal luogo della sua esecuzione oppure da caratteristiche tecniche. Le concessioni in proroga sono attualmente detenute sia da operatori nazionali sia da operatori che, pur essendo formalmente nazionali, sono società che appartengono a gruppi ubicati in altri Stati membri dell’Unione. Pertanto, non può escludersi che cittadini di altri Stati membri siano stati o siano interessati ad avvalersi delle libertà riconosciute dal Trattato, al fine di esercitare l’attività nel territorio nazionale, essendo detta normativa applicabile indistintamente ai cittadini nazionali come a quelli di altri Stati membri, con effetti che non sono limitati all’ordinamento nazionale. Un interesse transfrontaliero certo può esistere anche senza che sia necessario che un operatore economico abbia effettivamente manifestato il proprio interesse.
*Contributo in tema di “Concessioni di gioco“, estratto da Obiettivo Magistrato n. 72 / Marzo 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica