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Usura sopravvenuta: la Cassazione ci ripensa?*

Usura sopravvenuta: la Cassazione ci ripensa?*

Usura sopravvenuta: Cass. 28 settembre 2023, n. 27545

I saggi di interesse usurari – che non siano stati pattuiti originariamente, ma siano sopraggiunti in corso di causa – costituiscono in ogni caso importi indebiti.

Il creditore che voglia interessi divenuti nel corso del rapporto in misura ultra legale pretenderebbe per ciò stesso l’esecuzione di una prestazione oggettivamente sproporzionata: il suo comportamento sarebbe contrario al generale principio di buona fede contrattuale, che impone alle parti comportamenti collaborativi, anche in sede di esecuzione del contratto.

Il commento

Usura sopravvenuta: Il caso

I fatti di causa hanno inizio con la sottoscrizione di un contratto di conto corrente da parte di una società con un istituto di credito bancario.

Successivamente, la banca ha richiesto a tale società delle garanzie fideiussorie che sono state prestate dai ricorrenti sino alla concorrenza di euro 1.100.000,00.

Negli anni successivi la società ha stipulato con il medesimo istituto di credito tre contratti di affidamento.

Nel momento in cui quest’ultima è risultata inadempiente alle proprie obbligazioni, la banca si è rivolta a coloro che avevano prestato le fideiussioni con l’intento di escuterle.

A tal fine, il Tribunale di Milano con decreto 9593/2014 ha ingiunto alle società garanti di provvedere al pagamento di quanto dovuto verso la banca.

Quest’ultime hanno impugnato tale decreto davanti al Tribunale di Milano adducendo come motivo, tra gli altri, l’illecita maturazione di interessi usurari che comportano la violazione del principio di buonafede che regola la materia contrattuale.

Usura sopravvenuta: Il tribunale di primo grado con sent. 8312/2018 ha rigettato il ricorso presentato.

In particolare, ha giustificato tale rigetto con la circostanza che i ricorrenti non avessero allegato al ricorso elementi che dimostrassero che gli interessi fossero frutto di eventuale diversa pattuizione e che il tasso di interesse richiesto fosse contrario a buonafede.

Il Tribunale di Milano ha, inoltre, aggiunto che dopo la sentenza a Sezioni Unite della Cassazione del 19 ottobre 2017, n. 24675 non ha importanza l’elemento dell’eventuale usurarietà sopravvenuta degli interessi dovuti.

I ricorrenti si sono, quindi, rivolti alla Corte di Appello di Milano che con sent. 1568/2020 ha confermato integralmente quanto statuito in primo grado, aggiungendo che tale decisione è sostenuta anche dalla circostanza che i ricorrenti non abbiano fatto riferimento alla sopravvenuta usurarietà degli interessi rispetto al momento della conclusione del contratto.

Infine, i ricorrenti hanno adito la Corte di Cassazione affermando nuovamente l’usurarietà sopravvenuta degli interessi contraria a buona fede ed aggiungendo che il tribunale di secondo grado non si era pronunciato sull’eccezione dagli stessi presentata relativa alla mancata contestazione da parte dell’istituto di credito dell’usurarietà degli interessi, così come richiesto dall’art. 115 c.p.c.

Usura sopravvenuta: Le questioni giuridiche

In materia di interessi si pone la problematica della possibilità di classificare come illecita l’usurarietà sopravvenuta degli interessi rispetto al momento della conclusione del contratto.

Per risolvere tale questione è necessario, innanzitutto, ricercare la base normativa relativa alla possibilità di riconoscere la qualifica di usurari agli interessi che maturano nel corso di un rapporto.

Tale normativa di riferimento è rappresentata, innanzitutto, dalla L. 7 marzo 1996, n. 108.

In particolare, l’art. 2 di tale legge al comma 1 prevede che il tasso effettivo globale medio sia rilevato trimestralmente e aggiunge al comma 4 che tale tasso costituisce il limite previsto dal terzo comma dell’art. 644 del codice penale oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.

Inoltre, devono essere prese in considerazione altre due norme riguardanti l’usura.

La prima di queste è l’art. 644 del codice penale che sanziona con reclusione da due a dieci anni e con la multa da 5000 a 30000 euro chiunque percepisca degli interessi classificabili come usurari.

La seconda norma, invece, è l’art. 1815, comma 2, c.c. che prescrive la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi usurari e la non debenza di interessi.

Infine, è necessario fare riferimento, altresì, alla norma di interpretazione autentica relativa agli artt. 644 c.p. e 1815, comma 2 c.c. che è rappresentata dall’art. 1, comma 1 del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in L. 28 febbraio 2001, n. 24.

In particolare, tale articolo prevede che l’applicazione degli artt. 644 c.p. e 1815 comma 2, c.c. avvenga soltanto nel caso di interessi usurari che risultino tali fin dalla conclusione del contratto. Quindi tale norma esclude l’applicazione di dette disposizioni all’ipotesi di usurarietà sopravvenuta.

Usura sopravvenuta: In relazione alla possibilità di sanzionare l’usurarietà sopravvenuta si sono susseguite in dottrina ed in giurisprudenza alcune tesi.

Una prima teoria, sostenuta dalla Cassazione a Sezioni Unite del 19 ottobre 2017, n. 24675, nega la possibilità di riconoscere un’usurarietà sopravvenuta degli interessi, in quanto come affermato dalla norma di interpretazione autentica sopra richiamata gli artt. 644 c.p. e 1815, comma 2, c.c. si applicano solamente nell’ipotesi in cui l’usurarietà sia rinvenibile fin dall’inizio del rapporto e non laddove sopraggiunga successivamente. Inoltre, la definizione di usurarietà non è riscontrabile né nella L. 108/1996 sopra richiamata che fa riferimento all’art. 644 c.p., né nell’art. 1815, comma 2, c.c. Quindi l’unica definizione di interesse usurario è rinvenibile nell’art. 644 c.p. la cui interpretazione autentica è compiuta dall’art. 1, comma 1 di cui sopra. I sostenitori di tale tesi aggiungono, inoltre, che la soluzione da loro prospettata è sostenibile anche mediante la sentenza della Corte cost. 25 febbraio 2002, n. 29 che ha escluso l’illegittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica rappresentata dall’art. 1, comma 1 del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394 convertito in L. 28 febbraio 2001, n. 24.

Una seconda teoria sostiene, invece, che l’usurarietà sopravvenuta è sanzionabile non mediante l’utilizzo degli artt. 644 c.p. e 1815, comma 2, c.c., ma attraverso l’impiego di altri strumenti dettati in materia di diritto civile.

A tal proposito, si è cercato di individuare quali fossero questi strumenti alternativi utilizzabili in caso di usurarietà sopravvenuta.

Una prima teoria ha ritenuto l’applicabilità della nullità parziale sopravvenuta del contratto originario con conseguente sostituzione della clausola relativa agli interessi con il tasso legale o con il tasso soglia; il tutto derivante dall’applicazione del combinato disposto degli artt. 1419, comma 2 e 1339 c.c.

Una seconda teoria ha, invece, sostenuto che il rimedio utilizzabile è quello della violazione del principio di buona fede contrattuale, così come previsto dall’art. 1375 c.c.

Usura sopravvenuta: La soluzione

La Corte di Cassazione ha ritenuto accoglibile sia il motivo di ricorso relativo all’illeceità dell’usurarietà sopravvenuta degli interessi rispetto alla stipulazione del contratto perché contraria alla buonafede che regola la contrattazione, che la doglianza dei ricorrenti relativa alla mancata corretta contestazione da parte dell’istituto bancario dell’usurarietà degli interessi ai sensi dell’art. 115 c.p.c.

Nello specifico, la Suprema Corte ha, dapprima, richiamato la propria sentenza adottata a Sezioni Unite del 18 settembre 2020, n. 19597 con la quale la Cassazione ha affermato che con precipuo riferimento all’onere della prova nell’ipotesi di interessi moratori usurari è necessario che il debitore deduca il tipo contrattuale, la clausola negoziale relativa agli interessi moratori, gli interessi applicati in concreto, la qualità di consumatore (se presente), la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato e gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale adottato in materia; mentre il creditore deve provare i fatti modificativi o estintivi del diritto della controparte.

Nello specifico, la Cassazione ha ritenuto che nel caso di specie tale onere della prova è stato rispettato da parte del debitore mediante l’allegazione al ricorso di una perizia di parte nella quale sono stati indicati i saggi di interesse applicati dall’istituto di credito bancario durante il rapporto.

La Corte ha aggiunto che, invece, il creditore non ha ottemperato al proprio onere della prova, dato che non è sufficiente compiere un generico riferimento all’art. 115 c.p.c., ma si rende necessario indicare quale sia stato l’effettivo tasso di interesse applicato nel periodo preso in considerazione.

La Cassazione ha, inoltre, affermato che i saggi di interesse usurari sopraggiunti rispetto all’originaria contrattazione sono da considerarsi non dovuti.

È necessario precisare che il caso posto all’attenzione della Cassazione 24675/2017, richiamata dalla pronuncia oggetto di analisi, riguardava un contratto di mutuo, mentre la casistica presa in considerazione dall’ordinanza oggetto del presente elaborato interessava un contratto di conto corrente.

A tal proposito, si è diffusa la teoria che la pronuncia a Sezioni Unite di cui sopra debba essere considerata un principio generale per l’interpretazione e l’applicazione degli artt. 644 c.p. e 1815, comma 2, c.c. Di conseguenza, tale soluzione è applicabile anche ai conti corrente.

Nell’affermare la tutelabilità dell’usurarietà sopravvenuta la Suprema Corte ha fatto riferimento all’utilizzabilità degli strumenti civilistici alternativi rispetto all’art. 644 c.p. e all’art. 1815, comma 2, c.c.

In particolare, la Cassazione ha affermato che la tutela relativa alla lesione derivante da interessi usurari sopravvenuti è riscontrabile nella violazione del principio di buonafede contrattuale, dato che i contraenti anche nell’esecuzione del contratto sono tenuti a rispettare tale principio. Più in particolare, la corresponsione di interessi usurari comporterebbe una prestazione oggettivamente sproporzionata da parte del debitore.

La Suprema Corte ha, quindi, condiviso l’iter argomentativo della pronuncia a Sezioni Unite del 2017, nella parte in cui non ha ritenuto applicabile le tutele previste dall’art. 644 c.p. e dall’art. 1815, comma 2, c.c., ma allo stesso tempo se ne è discostata riconoscendo rilevanza giuridica all’usurarietà sopravvenuta ed affermando la possibilità di applicare come tutela lo strumento della violazione della buonafede contrattuale prevista dall’art. 1375 c.c.

Rispetto a quest’ultimo rimedio la Cassazione del 2017 ha, invece, sostenuto che la violazione della buona fede sia eventualmente riscontrabile non per la presenza in sé della pretesa degli interessi usurari sopravvenuti, ma per eventuali particolari modalità o circostanze con cui avviene tale pretesa.

La sentenza

(Omissis).

5. Fondati sono invece gli ultimi due motivi di ricorso

5.1 Le Sezioni Unite di questa Corte con la sent. 19597/2020 hanno affermato il seguente principio: “Nelle controversie relative alla spettanza e alla misura degli interessi moratori, l’onere della prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che il debitore che intenda dimostrare l’entità usuraria degli stessi è tenuto a dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale relativa agli interessi moratori e quelli applicati in concreto, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato e gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento, mentre la controparte dovrà allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell’altrui diritto”.

Nel caso di specie: a) gli odierni ricorrenti, nell’introdurre il giudizio di merito, hanno allegato all’atto di citazione perizia di parte nella quale il tecnico incaricato aveva indicato i saggi di interesse – che erano stati applicati dall’Istituto nel corso del rapporto di c/c n. […] (nel quale era confluito il c/c n. […] tra le stesse parti) per ogni trimestre a far data dal giugno 2005 – ed aveva concluso per l’usurarietà di detti rapporti; e, nel formulare le loro conclusioni, hanno contestato la debenza dell’importo degli interessi ai sensi dell’art. 1945 c.c., da parte di Inter-Export (e di riflesso nei loro confronti quali fideiussori); b) la banca nel costituirsi ha sì contestato la perizia di parte allegata al ricorso, ma nulla ha dedotto in relazione ai saggi ed oneri applicati ai rapporti bancari per cui era causa e, in particolare, non ha indicato quale saggio di interesse sarebbe stato effettivamente applicato; c) gli odierni ricorrenti, già in sede di prima memoria ex art. 183 c.p.c., hanno eccepito la mancata specifica contestazione del computo dei saggi di interessi ed oneri da parte dell’Istituto ai sensi dell’art. 115 c.p.c., ed hanno reiterato detta eccezione quale motivo di appello n. 2.4 (trattato alle pp. 19-22); d) nelle sentenze di entrambi i giudici di merito non vi è traccia della doglianza relativa all’applicabilità dell’art. 115 c.p.c.

In conclusione, deve qui affermarsi che:

“in caso di azione giudiziaria con la quale si contesta mediante dettagliata relazione peritale l’applicazione di saggi di interesse illegittimi nel corso di rapporti bancari, per l’istituto bancario convenuto, che intenda contestare il computo dei saggi, non è sufficiente una contestazione generica, che faccia riferimento all’art. 115 c.p.c., ma è necessaria l’indicazione dei saggi che, in tesi difensiva, sarebbero stati effettivamente applicati”.

5.3. Fondato è anche il motivo sesto.

Vero è che le Sezioni Unite con sent. 7294/2017 hanno statuito che: “Nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. 108/1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, nè la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto”.

Tuttavia, nella stessa richiamata sentenza le Sezioni Unite hanno ritenuto opportuno precisare in motivazione che: “È evidente, infatti, che far salva la validità ed efficacia della clausola contrattuale non significa negare la praticabilità di altri strumenti di tutela del mutuatario previsti dalla legge, ove ne ricorrano gli specifici presupposti; significa soltanto negare che uno di tali strumenti sia costituito dalla invalidità o inefficacia della clausola in questione”.

Più di recente, le Sezioni Unite, tornando sull’argomento con sent. 19597/2020, sopra già citata, oltre ad affermare che “La disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori” e che “nei contratti conclusi con i consumatori è altresì applicabile la tutela prevista del D.Lgs. 206/2005, art. 33, comma 2, lett. f) e art. 36, comma 1 (codice del consumo), essendo rimessa all’interessato la scelta di far valere l’uno o l’altro rimedio” – hanno precisato che: “In tema di contratti di finanziamento, l’interesse ad agire per la declaratoria di usurarietà degli interessi moratori sussiste anche nel corso dello svolgimento del rapporto, e non solo ove i presupposti della mora si siano già verificati; tuttavia, mentre nel primo caso si deve avere riguardo al tasso-soglia applicabile al momento dell’accordo, nel secondo la valutazione di usurarietà riguarderà l’interesse concretamente praticato dopo l’inadempimento”.

Usura sopravvenuta: Dando seguito al dictum delle Sezioni Unite, occorre qui affermare che:

“i saggi di interesse usurari – che non siano stati pattuiti originariamente, ma siano sopraggiunti in corso di causa – costituiscono in ogni caso importi indebiti. Il creditore che voglia interessi divenuti nel corso del rapporto in misura ultra legale pretenderebbe per ciò stesso l’esecuzione di una prestazione oggettivamente sproporzionata: il suo comportamento sarebbe contrario al generale principio di buona fede contrattuale, che impone alle parti comportamenti collaborativi, anche in sede di esecuzione del contratto”.

Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata nella parte in cui la corte territoriale ha rigettato le conclusioni degli attori in opposizione, che erano dirette a portare in compensazione gli importi eccedenti la soglia di usura: invero, è illegittima la pretesa della banca in relazione all’importo (individuato dal ctu) eccedente la soglia di usura, anche se i saggi di interesse usurario sono sopraggiunti in corso di rapporto.

(Omissis).

*Contributo estratto dalla rivista “Obiettivo magistrato” N. 70 – Gennaio 2024 – OM1/24 – Dike Giuridica 2023 a cura di Giulia Fadda