Concorso Magistratura, Dike giuridica

L’appello incidentale nel sistema processuale amministrativo*

appello incidentale nel sistema processuale ammnistrativo

L’appello incidentale: proprio e improprio

Nel sistema processuale amministrativo convivono due forme di appello incidentale: quello proprio è proposto dalla parte che ha tratto beneficio dalla sentenza di primo grado, al fine di conservare il risultato ad essa favorevole: per tale ragione, si rivolge avverso lo stesso capo della sentenza gravata dall’appello principale o un capo connesso ovvero dipendente.

L’appello incidentale improprio, è un gravame autonomo avverso capi distinti della sentenza o comunque non connessi con quelli colpiti dall’appello principale.

La ratio e la disciplina di queste due tipologie di appello incidentale sono sensibilmente diverse.

L’appello incidentale proprio

Per comprendere la ratio dell’appello incidentale proprio occorre prendere in considerazione la situazione in cui versa la parte vittoriosa in primo grado, la quale, sebbene abbia tratto beneficio dalla pronunzia del Tar, non ha visto accogliere in primo grado tutti i motivi da essa proposti.

Questa parte processuale ben potrebbe prestare acquiescenza alla decisione di prime cure se pure l’avversario accettasse la sentenza. Ove, però, quest’ultimo proponga appello avverso la pronuncia del T.a.r., alla parte «vittoriosa» è consentito, pure nel caso in cui siano già scaduti i termini per impugnare, proporre «appello incidentale» con l’obiettivo di veder accolti dal Consiglio di Stato quei motivi di doglianza già esposti (senza che venissero accolti) al Tar, in modo che non venga messa in discussione la situazione di vantaggio raggiunta per effetto della sentenza di primo grado.

Da quanto detto, risulta evidente come per la parte che intenda proporre appello incidentale proprio l’interesse ad agire discenda sostanzialmente dalla proposizione dell’appello principale.

Per quanto concerne la legittimazione ad agire in via incidentale, invece, valgono le considerazioni svolte in tema di legittimazione ad appellare.

Il rapporto tra l’appello incidentale proprio e l’appello principale, inoltre, risulta ancor più dipendente ove si consideri che il primo rappresenta un’impugnazione condizionata all’appello principale, nel senso che il Consiglio di Stato non deve pronunciarsi sul gravame incidentale qualora sussistano cause di inammissibilità o di improcedibilità dell’appello principale ovvero nel caso di rinuncia a quest’ultimo tipo d’impugnazione.

Il rigetto dell’appello principale comporta l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse, dell’appello incidentale[1].

Secondo la giurisprudenza, nell’esame della controversia il giudice amministrativo è tenuto a dare precedenza a quelle questioni prospettate con l’appello incidentale che si riverberano sull’esistenza dell’interesse a ricorrere del ricorrente principale in quanto, pur profilandosi come questioni di merito, producono effetti sull’esistenza di una condizione dell’azione e, quindi, su una questione preliminare di rito. In ragione delle considerazioni appena svolte, la dottrina ha messo in evidenza che quello proprio si tradurrebbe nella trasposizione in appello del ricorso incidentale di primo grado (v., in questa Parte, Cap. 3). Pertanto, l’eventuale accoglimento dell’impugnazione incidentale comporta la declaratoria di improcedibilità o inammissibilità dell’appello principale[2].

L’appello incidentale improprio

Quello improprio rappresenta il risultato dell’elaborazione della giurisprudenza amministrativa, per effetto della quale ha trovato ingresso anche in ambito amministrativo il principio processual-civilistico della concentrazione delle impugnazioni, di cui all’art. 333 c.p.c.

Assumono la forma dell’appello incidentale improprio tutte le impugnazioni proposte dopo l’appello principale e relative alla sentenza già gravata per effetto di quest’ultima impugnazione.

Quello improprio, dunque, rappresenta un’impugnazione a tutti gli effetti, dato che è volto a criticare la sentenza (e non a resistere all’impugnazione principale) e che presuppone almeno la parziale soccombenza (o, comunque, l’interesse in capo a chi lo proponga). In questo caso l’interesse ad appellare non sorge dalla notifica dell’appello principale, ma dalla pubblicazione della sentenza, tanto che può essere rivolto anche contro capi autonomi rispetto a quelli oggetto dell’appello principale.

Ai fini della proposizione dell’appello incidentale improprio devono rispettarsi gli ordinari termini di decadenza: in questo senso il comma 3 dell’art. 96 c.p.a.

Tempestivo e tardivo

Tanto esposto in ordine all’evoluzione pretoria sulla distinzione tra appello incidentale proprio e improprio, l’art. 96 c.p.a., aderendo alla giurisprudenza minoritaria, ha recepito la distinzione tra appello incidentale tempestivo e tardivo.

Il primo è un appello concettualmente autonomo rispetto a quello principale e va pertanto proposto nel termine di decadenza di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, dalla prima notificazione dell’appello principale.

L’appello tardivo, con il quale si possono del pari impugnare anche capi autonomi della sentenza, può essere invece proposto anche in epoca successiva al decorso del termine per l’impugnazione[3]: in tal caso resta subordinato alle sorti dell’appello principale, nel senso che in caso di declaratoria di inammissibilità dell’appello principale l’impugnazione tardiva perde efficacia[4]. Il diretto rinvio operato dal Codice del processo amministrativo alle previsioni del Codice di procedura civile implica che, onde stabilire quale sia la prima impugnazione, deve farsi riferimento alla data della notificazione, e non a quella del deposito, del relativo ricorso (e della conseguente iscrizione, con assegnazione del numero di ruolo).


[1] Cons. Stato, Ad. Plen., 16 dicembre 2011, n. 24, ha tuttavia chiarito che ai sensi dell’art. 96 c.p.a., è giustificato lo spostamento del termine per l’impugnazione incidentale “tardiva” anche oltre il decorso del termine lungo, ovviamente per uno spazio massimo di ulteriori sessanta giorni, atteso che l’impugnazione principale non può comunque essere notificata oltre l’ultimo giorno del termine lungo.

[2] Cons. Stato, sez. IV, 13 agosto 2019, n. 5703.


[3] Ha ribadito di recente tale principio Consiglio di Stato, sez. IV, 8 aprile 2021, n. 2822.

[4] Valgono sul punto tutte le considerazioni svolte riguardo il ricorso incidentale (v., in questa Parte, Cap. 3).

*Contributo estratto dal Manuale Maior di Diritto Amministrativo – Parte Generale e Parte Speciale di Francesco Caringella- Dike Giuridica 2023