L’accesso: l’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi, disciplinato dal Capo V della L. 241/1990, è strumento indispensabile al fine di assicurare la trasparenza amministrativa, ossia la possibilità di un controllo sulla rispondenza dell’attività amministrativa agli interessi pubblici e ai canoni normativi.
Il diritto di accesso trova il proprio referente normativo nell’art. 22, comma 2, L. 241/1990: “L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialità e la trasparenza”.
L’accesso ai documenti amministrativi costituisce un’attività spiccatamente di pubblico interesse, in quanto, a mente dell’art. 29, comma 2bis, L. cit. “attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione, le disposizioni della presente legge concernenti gli obblighi per la Pubblica Amministrazione […] di assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa”.
La disciplina di dettaglio in tema di accesso è dettata dal regolamento esecutivo varato con il D.P.R. 184/2006, recante regolamento sulle modalità di esercizio del diritto di accesso.
Il diritto di accesso: natura giuridica
Il “diritto di accesso” consiste nel “diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi” (art. 22, comma 1, lett. a), L. 241/1990).
Nonostante il Legislatore lo qualifichi espressamente come “diritto”, la natura giuridica della posizione vantata dal soggetto che vuole accedere alla documentazione amministrativa è stata sempre controversa, venendo qualificata ora in termini di diritto soggettivo, ora in termini di interesse legittimo.
La giurisprudenza più recente, in ogni caso, ha superato il dibattito sulla consistenza del diritto di accesso: è stato chiarito, infatti, che qualunque sia la natura del diritto d’accesso esso si presenta come strumentale rispetto alla protezione di un’ulteriore o sottesa situazione soggettiva.
Disciplina
I titolari del “diritto di accesso” sono individuati dall’art. 22, comma 1, lett. b), L. 241/1990, a norma del quale due sono gli aspetti che condizionano l’azionabilità del diritto di accesso:
a) occorre che in capo al soggetto richiedente sussista una posizione differenziata rispetto alla visione degli atti di cui si tratta, tesa alla tutela di situazioni giuridiche soggettive rilevanti;
b) occorre che l’istante abbia un interesse diretto, ovvero appartenente alla sfera dell’interessato, concreto, ove collegato alle ragioni esposte a sostegno dell’istanza, e attuale, dovendo il documento spiegare o aver spiegato effetti nei confronti del richiedente.
Essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi “diretto, concreto e attuale”, essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento.
La posizione differenziata in capo al titolare del diritto di accesso vale a connotare i caratteri tipici dell’istituto in questione, finalizzato, in ogni caso, a fornire uno strumento di tutela nei confronti di soggetti incisi a vario titolo dall’azione amministrativa: l’istituto ostensivo, pertanto, non può tradursi in una sorta di “azione popolare” finalizzata a verificare la legittimità dell’operato della P.A.
L’interesse all’accesso ai documenti deve essere poi considerato in astratto, non essendo possibili apprezzamenti in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proponibile. L’ostensione dei documenti amministrativi va pertanto riconosciuta a prescindere dall’utilità che il richiedente ne potrà trarre, in quanto il diritto all’accesso ai documenti amministrativi risulta finalizzato a soddisfare il mero bisogno di conoscenza dei titolari ed è strumentale ad assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa. Ad ogni modo non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle PP.AA. (neppure in caso di istanze di accesso preordinate alla tutela giudiziale dei propri diritti: così Cons. Stato, Ad. Plen., 4/2021).
Quanto alla legittimazione passiva, il Legislatore chiarisce il concetto di “Pubblica Amministrazione” ai fini del diritto di accesso, includendo in tale nozione estensiva “tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario” (art. 22, comma 1, lett. e), L. 241/1990).
Oggetto dell’accesso sono i documenti amministrativi, tra cui rientrano anche gli atti di diritto privato formati dalle P.A. e quelli redatti dai privati, qualora utilizzati nei processi decisionali pubblici.
Non è pertanto ammesso l’accesso agli atti preparatori relativi ai procedimenti per i quali l’art. 13 della L. 241/1990 esclude la partecipazione procedimentale dei privati, prima che detti procedimenti siano definiti. Inoltre, l’accesso è istituto preordinato alla conoscenza di documenti preesistenti e sufficientemente individuati, e non può, invece, essere utilizzato allo scopo di promuovere la costituzione di nuovi documenti contenenti le informazioni richieste o ad ottenere informazioni sullo stato di un procedimento o sul nome del relativo responsabile.
Ai sensi dell’art. 24, comma 1, L. 241/1990, sono sottratti all’accesso: i documenti coperti da segreto di Stato o che le leggi o i regolamenti sottraggono alla divulgazione; quelli relativi ai procedimenti tributari; gli atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; i documenti amministrativi formati nei procedimenti selettivi, contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relative a terzi.
In ogni caso, il comma 7 dell’art. 24, garantisce ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.
Le modalità di esercizio del diritto di accesso sono disciplinate dall’art. 25 della L. 241/1990 e dal relativo regolamento (D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184).
La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata e indirizzata all’Amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente e va notificata ai controinteressati. Se l’istanza è accolta, il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla legge stessa. L’esame dei documenti è gratuito; il rilascio di copia, invece, è subordinato al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura.
L’Amministrazione ha, altresì, il potere di differire l’accesso ove l’immediata ostensione possa turbare il regolare svolgimento dell’azione amministrativa, ovvero, quale extrema ratio, di rifiutarlo espressamente; in ogni caso, il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso devono essere congruamente motivati. La domanda di accesso, peraltro, può essere respinta anche tacitamente, per effetto dell’infruttuoso decorso di trenta giorni dalla richiesta (cd. silenzio-rigetto o diniego).
In caso di diniego o di differimento dell’accesso, il richiedente, nel termine di trenta giorni, può presentare ricorso al TAR ovvero, a seconda dell’Amministrazione contro la quale agisce, può chiedere al difensore civico o alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi di riesaminare la determinazione negativa.
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*Contributo estratto dal Compendio di diritto amministrativo di F. Caringella – Dike Giuridica – Marzo 2024