L’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva individuale sconosciuta alla LAC: essa, infatti, prevedeva la tutela giurisdizionale innanzi al G.O. dei soli diritti soggettivi civili e politici e, all’art. 3, liquidava gli interessi diversi dai diritti, come “affari diversi da quelli di cui all’articolo precedente”, di conseguenza privi di ogni tutela giurisdizionale e suscettibili di mitigata protezione attraverso il solo strumento del ricorso amministrativo.
L’ammissione della tutela giurisdizionale, e quindi l’implicito riconoscimento dell’interesse legittimo, interviene con la nascita del giudice amministrativo, e segnatamente con la Legge Crispi 5992/1889, che ha istituito la IV sezione del Consiglio di Stato quale giudice di quegli interessi sostanziali diversi dai diritti soggettivi.
In questo modo, ha fatto ingresso nell’ordinamento positivo l’interesse legittimo, quale situazione giuridica soggettiva diversa dal diritto soggettivo, ma parimenti meritevole di protezione giuridica. Di qui, l’evoluzione dell’interesse legittimo da oggetto di tutela preso in considerazione solo in via mediata, a posizione soggettiva sostanziale in senso proprio, dotata di autonoma rilevanza.
L’esplicito riconoscimento della posizione soggettiva in esame è intervenuto per la prima volta solo con la Costituzione, che ne ha consacrato l’esistenza e definito i contorni, in contrapposizione al diritto soggettivo, come criterio di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, garantendone la tutela agli artt. 24, 103 e 113.
Dette nozioni sono poi state recepite dall’art. 7 della L. TAR, come mod. dall’art. 35, D.Lgs. 80/1998 e dall’art. 7, L. 21 luglio 2000, n. 205 che, sensibile alle sirene della sentenza delle Sez. Un. 500/1999, ha riconosciuto la tutela anche risarcitoria dell’interesse legittimo (tale norma è oggi trasfusa, in parte qua, nell’art. 30 del Codice del processo).
Da ultimo, ulteriore e definitiva conferma della configurazione dell’interesse legittimo nei termini sopra delineati si rinviene proprio nel Codice del processo amministrativo, il quale, nell’individuare nel G.A. il giudice naturale degli interessi legittimi, ha sancito il definitivo passaggio del processo amministrativo da giudizio sull’atto a giudizio sul rapporto, con ciò suggellando definitivamente la pari dignità della posizione giuridica dell’interesse legittimo con quella del diritto soggettivo.
A ben vedere, peraltro, nessuna nelle norme sopra elencate, e succedutesi nel tempo, si è mai occupata di fornire una definizione di interesse legittimo: di qui, le svariate proposte dottrinarie di ricostruzione della categoria dell’interesse legittimo, che saranno di seguito analizzate.
La teoria dell’interesse occasionalmente protetto
La dottrina tradizionale ha elaborato la teoria “dell’interesse occasionalmente protetto” che congegna l’interesse legittimo come posizione individuale, tutelata soltanto nella misura in cui sia funzionale al perseguimento dell’interesse pubblico. Ne discende la natura occasionale della relativa tutela, posto che l’interesse del privato troverebbe protezione e riconoscimento giuridico solo se e nella misura in cui la sua lesione si accompagni al pregiudizio arrecato all’interesse pubblico dall’operato illegittimo della P.A.
Si è, tuttavia, osservato criticamente come, così argomentando, si arrivi a negare autonomia all’interesse legittimo. Secondo questa tesi, infatti, il privato non può chiedere tutela in modo autonomo, dovendosi accontentare di una tutela indiretta ove l’atto illegittimo leda anche l’interesse pubblico che la P.A. deve principalmente perseguire. è inoltre, paradossale che un interesse legittimo possa essere creato da una norma che, per definizione, se ne disinteressa, volendo tutelare esclusivamente l’interesse pubblico.
In conclusione, si osserva che interesse legittimo e interesse pubblico non vanno necessariamente di pari passo: non sempre, infatti, la caducazione di un atto amministrativo illegittimo realizza un interesse pubblico, ben potendo comunque conformarsi a esso sotto il profilo dell’opportunità.
Invero, a complemento di quanto sopra indicato, l’art. 21nonies, L. 241/1990, con riguardo al potere di annullamento in sede di autotutela, chiarisce che la P.A., prima di rimuovere l’atto, deve valutare l’attualità e la concretezza dell’interesse all’annullamento (v. Parte IV, Cap. 6).
La teoria processualistica
Secondo una diversa teoria (cd. “processualistica”), l’interesse legittimo si identifica con l’interesse a ricorrere in giudizio, proprio del destinatario di un atto amministrativo illegittimo, onde ottenerne l’annullamento. Secondo l’orientamento in esame, gli interessi legittimi non avrebbero natura sostanziale, ma si concreterebbero in un potere di reazione processuale per la tutela della sfera giuridica dei consociati lesi dall’emanazione di un provvedimento amministrativo illegittimo. Così opinando, l’interesse legittimo si configurerebbe esclusivamente in presenza di un provvedimento amministrativo lesivo e le condizioni per la proposizione di domanda giudiziale di tutela si verificherebbero solo a seguito dell’emanazione dell’atto.
Anche questa teoria presta il fianco a non poche critiche.
Innanzitutto, confonde l’interesse a ricorrere, di natura processuale, con l’interesse sostanziale, sottostante alla pretesa del ricorrente e relativo alla posizione che egli vuole tutelare: non può, infatti, ammettersi una concezione dell’interesse legittimo inteso solo quale mero potere di azione processuale, annullandone ogni valenza sostanziale connessa a un bene della vita che il privato mira a conseguire.
Per di più, se l’interesse legittimo venisse in considerazione solo dal punto di vista processuale, di esso non vi sarebbe traccia nella fase antecedente alla emanazione dell’atto lesivo, poiché sorgerebbe solo con l’adozione di quest’ultimo. Ciò nondimeno, è ormai opinione unanime che le posizioni di interesse legittimo nascano ben prima dell’emanazione del provvedimento illegittimo, già con l’instaurazione del rapporto procedimentale: tale conclusione, peraltro, trova una corrispondenza normativa nella l. 241/1990 che riconosce tutela alla posizione dei privati nei confronti della P.A., ancor prima che essa assuma le sue determinazioni.
La teoria dell’interesse strumentale alla legittimità dell’azione amministrativa
Una ricostruzione dell’interesse legittimo in chiave di garanzia per il cittadino è stata sostenuta da una differente corrente dottrinaria, che definisce l’interesse legittimo come “strumentale” alla legittimità dell’azione amministrativa.
Alla base di tale impostazione, vi è il riconoscimento, in capo a ogni consociato, di una pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa, ovvero al corretto esercizio del potere da parte della P.A. Tant’è vero che l’interesse legittimo troverebbe la sua fonte nel principio di legalità, che impone alla P.A., nell’esercizio delle sue potestà, di astenersi dal porre in essere provvedimenti illegittimi.
Anche l’impostazione in esame ha ricevuto non poche critiche.
Essa, infatti, sembra introdurre nel giudizio amministrativo una sorta di “azione popolare” che riconosce a ogni privato il potere di agire in giudizio al solo fine di censurare la legittimità dell’attività amministrativa. Inoltre, una ricostruzione di tal fatta sgancia completamente l’interesse legittimo dal bene della vita a esso sotteso e, quindi, dall’intima natura sostanziale che lo caratterizza, riconoscendo di fatto un’indistinta legittimazione processuale per la protezione del mero interesse dei privati alla legittimità dell’agere amministrativo che non sia connessa a una posizione sostanziale lesa dal suo esercizio.
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Contributo estratto dal Compendio maior di diritto amministrativo di F. Caringella – Dike Giuridica – Marzo 2024