Nella nozione di “gara”, oggetto della fattispecie di turbata libertà degli incanti punita ai sensi dell’art. 353 c.p., rientrano anche i concorsi per il reclutamento del personale di cui si avvale la Pubblica Amministrazione?
La lettera della legge, pur interpretata nel senso estensivo indicato dalla giurisprudenza, nondimeno restringe l’area di tutela e delimita il perimetro operativo della fattispecie di cui all’art. 353 c.p. (Turbata libertà degli incanti) alle sole procedure indette per la cessione di un bene ovvero per l’affidamento all’esterno della esecuzione di un’opera o della gestione di un servizio. Dunque, non vi è nessun riferimento ai concorsi per il reclutamento del personale. – Cass. VI, 24 maggio 2023, n. 38127.
Nel caso di specie la Suprema Corte è stata chiamata a valutare la condotta di un Segretario comunale, nonché Presidente della commissione e Responsabile unico del procedimento, il quale avrebbe agevolato con collusioni e/o mezzi fraudolenti, in relazione al concorso per titoli ed esami per la copertura di un posto a tempo indeterminato e part time di istruttore direttivo, il superamento di detto concorso di una dipendente del comune, con la quale aveva, peraltro, una frequentazione anche di carattere sessuale.
In particolare, il Tribunale di prime cure, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la domanda di applicazione della custodia in carcere, applicava nei confronti dell’imputato la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio per la durata di sei mesi, in relazione al reato di cui all’art. 353 c.p. Invero, secondo il Tribunale, la nozione di “gara” richiesta dalla fattispecie incriminatrice della turbata libertà degli incanti, comprenderebbe qualsiasi procedura pubblica finalizzata alla scelta del contraente e, dunque, anche la procedura concorsuale per titoli ed esami per la copertura di un posto di istruttore direttivo in seno all’amministrazione comunale.
Avverso detta sentenza proponeva, quindi, ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato il quale, tra i motivi di ricorso, contestava la erronea qualificazione del fatto che, secondo il ricorrente, sarebbe al più sussumibile nel delitto di abuso d’ufficio previsto ai sensi dell’art. 323 c.p piuttosto che nella fattispecie contestata di turbata libertà degli incanti.
La Corte di Legittimità, chiamata a decidere al riguardo, evidenzia preliminarmente che l’intervenuto ampliamento della portata della fattispecie della turbata libertà degli incanti non discende affatto dalla genericità della descrizione del fatto da parte del legislatore, ma dalla interpretazione data nel corso del tempo dalla giurisprudenza. Infatti, la Corte di Cassazione ha ricordato che la precedente giurisprudenza di legittimità, privilegiando una operazione di tipo estensiva, ha in molteplici occasioni ritenuto che nella nozione di “gara” rientra qualsivoglia procedura di gara, anche informale o atipica, a condizione che l’avviso informale o il bando e comunque l’atto equipollente indichino previamente i criteri di selezione e di presentazione delle offerte, ponendo i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto e i criteri in base ai quali formulare le proprie (in questo senso, Cass. 6 dicembre 2018, n. 2795). Tuttavia, con la sentenza in commento, la Corte di legittimità, discostandosi dai precedenti giurisprudenziali, ricorda che l’attività ermeneutica trova un limite nel significato letterale delle espressioni utilizzate dal legislatore a cui il giudice non può assegnare un significato diverso da quello proprio, da quello semantico, al fine di ricercare profili ulteriori in grado di colorare in senso estensivo il perimetro dell’illecito. Ciò sulla scorta dei principi che regolano l’ordinamento giuridico tra cui quello della certezza del diritto, della tipicità della fattispecie incriminatrice nonché il principio del divieto di analogia in malam partem, da ultimo ricordato dalla Corte costituzionale con la recente sent. 98/2021. In virtù di tali principi, la Corte di Cassazione, ritenendo fondato il ricorso, conclude che i concorsi per il reclutamento del personale non possono essere ricondotti alla fattispecie di turbata libertà degli incanti, ma al più al reato di abuso di ufficio, ove ne siano sussistenti i presupposti e ciò anche alla luce delle modifiche apportate all’art. 323 c.p. dalla L. 16 luglio 2020, n. 176.